Secondo il rapport delle Nazione Unite Gender-related killings of women and girls: improving data to improve responses to feminicide/feminicide UNODC, 2022, Si stima che nel mondo durante il 2021, sulle 81.000 donne o ragazze uccise intenzionalmente, il 56% cioè 45.000, siano state uccise dal loro partner intimo o da un membro della famiglia. Una minaccia che le donne di tutto il mondo devono affrontare ogni giorno: in base alla stima dell’UNODC, nel 2021, più di cinque donne e ragazze sono state uccise dal proprio partner/familiare ogni ora!
Femminicidi che, purtroppo, si verificano anche in nostri Paesi: nei 11 primi mesi del 2022 sono stati 104 femminicidi in Italia, 121 in Francia… L’elenco per paese dell’Ue sarebbe troppo lungo, ma Francia e Italia non sono i paesi peggiori in materia.
Tra gli esempi di femminicidi dovuti alla violenza nelle relazioni di intimità, sono gli «stupri-omicidi, i cosiddetti delitti d’onore, gli omicidi legati alla dote, le uccisioni di donne accusate di stregoneria e gli omicidi motivati dal genere legati ai conflitti armati o alle bande, alla tratta di persone e ad altre forme di criminalità organizzata».
E, questi assassini sono solo la parte visibile dell’iceberg, quello della violenza fisica, sessuale, economica o psicologica verso la meta dell’umanità. Secondo le stime delle Nazioni Unite, 736 milioni di donne nel mondo hanno subito violenza fisica e/o sessuale da parte di un partner intimo almeno una volta nella vita. Violenza fisica e/o sessuale da parte di un partner intimo, violenza sessuale da parte di qualcuno che non sia un partner intimo, o entrambe (escluse le molestie sessuali). Si tratta del 30% delle donne di età pari o superiore ai 15 anni. I primi risultati suggeriscono che la violenza di genere è aumentata durante la pandemia di Covid-19 a causa delle successive reclusioni che rinchiudevano le vittime in spazi chiusi con i loro aggressori, e allo stesso tempo rendevano difficile l’accesso alla protezione e all’assistenza, in quella che è stata definita una pandemia ombra.
La violenza sulle donne rimane, anche nei nostri paesi detti civilizzati, spaventosamente elevata. In Italia, secondo i dati ISTAT, il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner. In Francia, sono state riferite 208.000 donne vittime di violenza coniugale nel 2021. Tuttavia, rimane molto difficile valutare e paragonare con precisione la realtà statistica in materia di violenze verso le donne nei vari paesi europei, per mancanza di strumenti adeguati e di formazione dei personali delle varie istituzioni che possono avere ad intervenire in materia (polizia, giudici e personale legale, ospedali, assistente sociali, ecc.) o risultando da pregiudizi di questi personali, nonostante le disposizioni della Convenzione d’Istanbul
La Convenzione di Istanbul o Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica è una convenzione internazionale negoziata poi firmata dai 47 paesi membri del Consiglio d’Europa a Istanbul l’11 maggio 2011 e entrata in vigore il 1 agosto 2014 dopo la decima ratifica. Tuttavia, a fine dicembre 2022, solo 37 paesi membri l’hanno ratificata. Sei paesi dell’Ue non l’hanno ancora ratificata: Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Lettonia, Lituania e Repubblica Slovacca e l’ultimo dei 37 a ratificarla nel 2021 è il Regno Unito, quando la Turchia ha notificato il suo ritiro della Convenzione.
Italia e Francia sono stati tra i primi a ratificarla rispettivamente nel 2013 e 2014. Benché L’Ue abbia firmato la Convenzione nel 2017, alcuni dei suoi paesi membri si oppongono ancora alla sua ratifica nonostante un parere positivo della Corte di Giustizia di Lussemburgo e che sia una priorità della Commissione Von der Leyen e le sue proposte per una nuova direttiva UE pubblicate nel marzo 2022.
La Convenzione obbliga i governi a garantire la sicurezza e il sostegno alle vittime di violenza domestica perpetrata da membri della famiglia, coniugi o partner intimi, indipendentemente dal loro stato civile o meno. La Convenzione può e deve essere applicata in tutti gli Stati, indipendentemente dalle loro definizioni giuridiche di famiglia o matrimonio e dal fatto che riconoscano o meno le unioni tra persone dello stesso sesso. Queste questioni dipendono dalla giurisdizione di ciascuno Stato, poiché il riconoscimento legale delle unioni tra persone dello stesso sesso o l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso non rientrano nell’ambito di applicazione della Convenzione di Istanbul. Ovviamente, copre la violenza domestica, ossia tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra coniugi o partner ex o attuali, indipendentemente dal fatto che l’autore del reato condivida o abbia condiviso la stessa residenza della vittima. Inoltre, stabilisce l’obbligo di garantire che la cultura, gli usi, la religione, la tradizione o il cosiddetto onore non siano considerati come giustificazione di atti di violenza che rientrano nel suo campo di applicazione. Tutti i paesi che hanno ratificato il trattato sono vincolati ai suoi obblighi.
Tuttavia, nonostante questi obblighi, manca in quasi tutti i paesi una effettiva attuazione, delle sue disposizioni e un impegno politico a combattere le idee sbagliate, i pregiudizi culturali e le reazioni ostile di una parte delle popolazioni e spesso delle istituzioni. Di fatto, un gruppo di esperti del Consiglio d’Europa, il GREVIO (Gruppo di esperti sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica), procede regolarmente a un’analisi e pubblica rapporti d’inchiesta e di valutazione dell’applicazione della Convenzione in ogni paese. Nel marzo 2022 ha pubblicato la sintesi di queste valutazioni nazionali nel suo rapporto Analisi orizzontale di medio termine delle relazioni di valutazione di base di Grevio.
Questo importante rapporto individua numerose mancanze, particolarmente in Italia, ma non solo. Tra le mancanze le più importante figurano: l’insufficienza degli importi stanziati per l’attuazione delle politiche di lotta alla violenza contro le donne e l’assenza di dati chiari e trasparenti sull’allocazione delle risorse, la mancanza di formazione dei personali nelle varie funzioni pubbliche, polizia, sistema giudiziario ed esperti giudiziari, ospedali, ecc… Come in molti altri paesi, la stragrande maggioranza dei servizi per le vittime di violenza contro le donne coperti dalla Convenzione di Istanbul sono forniti da ONG e organizzazioni della società civile, che forniscono servizi specializzati e dispongono di una forte comprensione della violenza contro le donne basata sul genere. In Italia, la mancanza di una struttura permanente per il dialogo e la cooperazione espone le ONG a fluttuazioni nel finanziamento, nel riconoscimento e nella partecipazione, soprattutto a livello locale.
Questa situazione è particolarmente preoccupante in Italia, dove è stata rilevata la mancanza di meccanismi finanziari adeguati a garantire il finanziamento a lungo termine dei servizi specializzati per le donne. Sarebbe troppo lungo, purtroppo, elencare le mancanze d’applicazione delle disposizioni della Convenzione, ma alcune sono di grande importanza in Italia: l’insufficienza di rifugi e centri di assistenza di emergenza, le difficoltà di accesso agli alloggi pubblici e all’assistenza finanziaria, i due servizi di più difficile accesso per le vittime, anche quando la legislazione prevede tali misure, e infine l’estrema difficoltà di ottenere un risarcimento a causa dei costi, della lentezza e delle difficoltà dei procedimenti penali e della mancanza di adeguati procedimenti civili.
Per tutti i motivi illustrati, per il terzo anno consecutivo, il centro Librexpression e i vignettisti membri e amici del Centro hanno voluto contribuire alla bellissima azione dell’associazione G.I.R.A.F.F.A Onlus (Gruppo Indagine Alla Follia Femminile). Una associazione formata da donne che si occupano di altre donne vittime di violenza nelle diverse declinazioni, insieme con il centro antiviolenza dedicato a Paola Labriola, una casa rifugio denominata Casa dei diritti delle donne e la casa in semiautonomia V.i.t.A. (Vola in piena autonomia).
La vendita del calendario servirà a sostenere donne vittime di violenze domestiche nella ricerca di una casa e nel pagamento dei canoni di affitto iniziali, nella loro formazione professionale per permettere loro di trovare un lavoro e rendersi indipendenti in termini economici e abitativi. L’obbiettivo e di contribuire a permettere alle donne da sole o con i figli di ricominciare in serenità la propria vita lontana dalle violenze.
Il calendario Femme Battue 2023 (il cui costo ammonta a € 10 + spese di spedizione) può essere prenotato inviando una mail all’indirizzo di posta elettronica info@giraffaonlus.it
Il versamento potrà essere fatto sul conto corrente dedicato intestato a Giraffa onlus
(Iban: IT89K0501804000000017257817) con la causale: «Calendario Femme Battue 2023».
Ringraziamo i vignettisti che hanno contribuito quest’anno, ben conosciuti dai lettori di Pagina21: Adene (Anne Derenne) francese; Andrea Arroyo, messicana; Vincent Chevalley, svizzero; Vladimir Kazanevsky, ucraino; Kusto (Oleksiy Kustovsky), ucraino; Marco De Angelis, italiano; Emanuele Del Rosso, italiano; Ismail Dogan, caricaturista politico belga di origini turche; Fadi Toon (Fadi Abbou Hassan), norvegese; Gio (Mariagrazia Quaranta), italiana; Marilena Nardi, italiana; Marlene Pohle, argentina; Gianfranco Uber, italiano.
Per informazioni chiamare il numero +39 080 574 1461