Con la risoluzione votata dal Parlamento europeo nella plenaria di novembre a Strasburgo si è compiuto un atto politico che muove un altro passo in direzione contraria all’avvio di un negoziato di pace fra Russia e Ucraina. Un ulteriore passo per portare l’Unione Europea, con i suoi 500 milioni di cittadini, Ancora più fuori gioco rispetto agli attori di un nuovo assetto geopolitico mondiale che si sta delineando.
Approvare l’uso di missili americani da parte ucraina per colpire il territorio russo, consentire l’impiego di mine antiuomo (in violazione delle Convenzioni internazionali), censurare il tedesco Scholz per i passi diplomatici volti a indurre Putin a una trattativa, hanno, purtroppo, questo segno.
Le delegazioni italiane della maggioranza e dell’opposizione si sono divaricate al loro stesso interno. In più passaggi Fratelli d’Italia e Forza Italia da una parte e Lega dall’altra, per quanto riguarda lo schieramento di governo; Partito Democratico da una parte e Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi Sinistra dall’altra, nello schieramento di opposizione. Con i parlamentari europei del Partito Democratico, la maggiore delegazione del Gruppo Socialisti e Democratici in Europa, che sono andati in ordine sparso anziché convergere compatti con socialisti francesi tedeschi e altre delegazioni del Pse.
Tutto questo non è affatto un messaggio positivo per la politica estera del nostro Paese e per il ruolo della sinistra su un tema cruciale come quello della costruzione della pace nel mondo. Sul futuro dell’Italia e dell’Europa non pende soltanto la minaccia di una estensione del conflitto sempre più a Ovest. La Russia già impiega missili supersonici di cui non dispongono neanche gli Stati Uniti (per non parlare del rischio nucleare, cosiddetto tattico).
Chi ha votato per il proseguimento del conflitto non è consapevole che la guerra ha già portato alla «economia di guerra». L’aggravamento dei costi energetici e delle produzioni agroalimentari pesano sui bilanci delle famiglie e sul grado di competitività delle imprese. Sin dall’inizio del conflitto era chiaro che la vittoria finale sull’aggressore e sul despota Putin era impossibile, come non mancarono di sottolineare Henry Kissinger oppure con posizione più realistica Papa Francesco, «in guerra il negoziato si fa col nemico».
Posizioni che diverranno proprie della nuova presidenza degli USA e non solo. Donald Trump manterrà il programma di contenimento delle spese militari che Biden aveva disposto per l’Ucraina, è tra i punti del programma elettorale con il quale è stato eletto e, viceversa della sconfitta dei Democratici. Elon Musk, oligarca politico finanziario, secondo analisti accreditati, è interessato a commerciare con la Russia a favore delle sue piattaforme digitali.
Storici come Emanuel Todd avevano già prefigurato l’esito negativo della guerra, argomentando che lo spirito russo si sarebbe nuovamente alimentato di fronte alla espansione della NATO verso i suoi confini. E che Putin di fronte a questa minaccia non si sarebbe piegato per ergersi a difensore della «Grande Russia» per mantenere il rango di media potenza mondiale.
Tutto questo giustifica l’aggressione all’Ucraina e alla sua sovranità?
Ancora una volta va espressa la condanna dell’invasione, come della critica verso il regime autocratico di Putin. Tuttavia, la necessità del momento è quella di fermare l’escalation.
L’Italia dire a chiare lettere «no all’invio di altre armi», e chiudere la fase dell’ambiguità per la quale l’iniziativa diplomatica rimane petizione di principio, mentre la scelta sostanziale è partecipare alla guerra. Il momento di lavorare per una tregua è ora.
La superiorità militare russa sul campo e il disimpegno militare Usa che si annuncia con Trump sono evidenti e chiari entrambi, avranno, molto probabilmente, come esito un compromesso fra Russia e Ucraina sui territori contesi. Se ciò avverrà l’Unione Europea e l’Italia avranno sempre meno influenza mondiale e pagheranno i costi maggiori della pesante situazione interna che l’Ucraina erediterà dal conflitto.