Non è ironico constatare che l’Unione europea è generalmente accusata di essere una grossa macchina tecnocratica invadente, troppo presente in tempi normali e, in tempi di crisi, di non fare abbastanza o troppo tardi o entrambi le cose.
Queste critiche indicano una colpevole mancanza di informazione e di conoscenza, sia delle competenze dell’Unione, dei suoi mesi finanziari, sia di quello che fa effettivamente per contribuire alla risoluzione della crisi sanitaria ma anche per uscirne in termini economici e sociali perché serviranno fondi adeguati, strategie coordinate, solidarietà e flessibilità per preparare e consolidare la ripresa.
In sintesi l’Unione è limitata nelle sue azioni da tre elementi:
– Prima di tutto le sue competenze sono strettamente definite dal Trattato e qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli Stati membri (Principio di attribuzione – articolo 4 del TUE) e la delimitazione delle sue competenze si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità (articolo 5). Il trattato precisa: «In virtù del principio di attribuzione, l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei Trattati appartiene agli Stati membri». E, per aggiunge e chiarificare il principio di sussidiarietà: «Nei settori che non sono della sua competenza esclusiva, l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello dell’Unione».
– In secondo luogo, le sue risorse finanziarie sono limitate: rappresentano circa l’1% del PIL dell’Ue – circa 150 miliardi all’anno quando il bilancio dello Stato federale degli Stati Uniti è di circa 20 % del PIL. L’Ue non ha diritto di creare un deficit di bilancio. Ogni spesa deve essere prevista a grandi linee dal Quadro Finanziario pluriennale (per 7 anni) e in dettaglio nel bilancio annuale votato dal Consiglio e dal Parlamento. Cambiare l’assegnazione di una linea di bilancio richiede non solo una procedura complessa e quindi non istantanea: proposta della Commissione, approvazione del Consiglio e del Parlamento, ma anche l’esistenza di una base giuridica per farlo.
– In terzo luogo, solidarietà, cooperazione e coordinazione in materia sanitaria e economica richiedono, non solo che sia prevista dal trattato, ma anche una volontà politica comune dei governanti (e delle loro opposizioni).
In materia sanitaria, l’Ue non ha né una competenza esclusiva né una competenza concorrente con gli Stati membri, ma solo una competenza limitata per completare, entro limiti ben precisi, l’azione degli Stati membri, particolarmente «per la tutela e miglioramento della salute umana» (articolo 6 del TFUE). In altre parole, in materia di sanità, le sue competenze sono precisate dall’articolo 168 del TFUE: l’Unione ha solo il compito di coordinamento dell’azione degli Stati, ma solo su loro base volontaria. Non ha il diritto di adottare legislazioni, ma solo delle raccomandazioni senza carattere vincolante. Può tuttavia adottare legislazioni in alcuni campi purché abbiano delle ripercussioni transfrontaliere e siano solo delle misure incentivanti. Quindi, le competenze in materia sanitaria appartengono agli Stati membri, quando come in alcuni paesi, vedi l’Italia, non appartengono al livello regionale. In quest’ultimo caso, non c’è ragione di attribuire delle competenze a un livello superiore di quello nazionale.
Nei suoi stretti margini di azione, l’Ue «completa l’azione delle politiche nazionali particolarmente nella lotta contro i grandi flagelli, favorendo la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro prevenzione, nonché l’informazione e l’educazione in materia sanitaria, e la sorveglianza, l’allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero». Una base giuridica che apre la possibilità di azioni europee solo su richiesta degli Stati membri – come è il caso attuale – ma anche di finanziare delle agenzie specializzate, in particolare l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) con sede ad Amsterdam e l’Agenzia esecutiva per i consumatori, la salute e la sicurezza alimentare (CHAFEA) con sede a Lussemburgo. Nella lotta contro il Coronavirus l’EMA sta giocando un ruolo centrale come l’ha precisato suo Direttore italiano Guido Rasi in una intervista a Caffè Europa su Rai Radio1: «Serve un forte coordinamento degli studi clinici, usare gli stessi farmaci e analizzare rapidamente i dati per capire quali funzionano e in quali pazienti, evitando così di disperdere risorse ed esporre i pazienti a terapie inutili. Siamo impegnati nella ricerca di nuovi farmaci, abbiamo ricevuto 20 proposte ma gli sviluppatori devono produrre dati e ci vorrà almeno un anno. Ema ha una squadra di valutatori pronti in ogni momento. Sulla produzione di farmaci non riscontriamo problemi, qualche criticità potrebbe esserci dal punto di vista della circolazione, per ora non riguarda l’Italia. Altra questione è per i farmaci da ospedale antivirali ed anestetici per cui Aifa ha lanciato l’allarme per cui l’Italia è sotto grande pressione». L’EMA svolge anche un ruolo nella convalida delle medicine scoperte e di consulenza scientifica per le istituzioni europee.
Ovviamente, come nel caso della ricerca di base, di cui parlava il professor Canard citato sopra, è compito del Consiglio e del Parlamento decidere l’ammontante dei mezzi umani e finanziari destinati alle agenzie e alla ricerca, o di mettere in moto la cooperazione tra gli Stati membri e il coordinamento delle loro azioni. È quella cooperazione e solidarietà che richiede con forza la Commissione, ma il successo di queste dipenderà dalla volontà degli Stati membri. Per questo i governi devono avere il sostegno dei loro cittadini, la loro sfiducia nell’Ue ovviamente è controproduttiva.
Illustrazione di © Niels Bo Bojesen (Danimarca), Covid-UE
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2. Egoismi nazionali e solidarietà europea
1. Unione Europea e coronavirus