La crisi sanitaria del Covid-19, con le misure di confinamento e di lockdown, si è trasformata in una enorme crisi economica, sociale e finanziaria mondiale. Secondo le ultime previsioni del FMI o dell’Intelligence Unit di The Economist, l’impatto sul PIL mondiale avrebbe un calo del 3,0, 6,6% per l’Europa continentale, di 7,3 % per l’Eurozona. L’Italia e la Grecia saranno i due paesi più sfavoriti con una perdita rispettiva del 9,1% e del 10,0 %.
Per molti, questo choc rappresenterebbe uno choc simmetrico, contrariamente a quello delle crisi precedenti. Eppure, non lo è. É pur vero che lo choc è comune a tutti i paesi, ma il suo impatto sarà asimmetrico poiché scaturirà da molti elementi tra cui: il modo in cui il Paese ha reagito per contenere questo flagello e il numero di morti; le capacità iniziali delle strutture sanitarie; la durata del lockdown per le imprese; e, soprattutto, dalla struttura economica e industriale del paese e della sua situazione iniziale in materia di finanze pubbliche.
Dalla struttura economica e produttiva dipenderà non solo l’importanza degli effetti immediati ma anche la possibilità di una rapida uscita dalla crisi. Nel caso della Grecia, il turismo rappresenta un quarto della ricchezza nazionale, il blocco della stagione turistica è drammatico, non solo per la perdita di ricchezza nel 2020, ma anche nei prossimi anni, perché molte sono le piccole imprese nel settore (hotel, ristoranti, commerci, trasporti ecc.) che avranno difficoltà a sopravvivere. Analogalmente, la struttura industriale italiana è basata su piccole imprese (il 95 % delle imprese) e su oltre 3,5 milioni di partite IVA. Molte di queste PMI, artigiani, liberi professionisti ecc. non hanno risorse finanziarie sufficienti per far fronte ad una perdita totale di reddito e per continuare a pagare stipendi, fatture varie e debiti già esistenti. Aiuti sotto forma di nuovi prestiti bancari, anche a tassi agevolati, non basteranno, perché dovranno essere rimborsati e non vi è alcuna garanzia che la ripresa compensi le perdite del periodo di lockdown né che fornisca entrate sufficienti per far fronte a tali costi supplementari. Dalla portata dei fallimenti dipenderà il tasso di crescita dei prossimi anni. Ora ci sarà bisogno di una crescita a livello macroeconomico.
La situazione macroeconomica iniziale dei vari paesi avrà un peso fondamentale nei prossimi anni. Di fatti, tutti i paesi sono costretti ad utilizzare le finanze pubbliche per provvedere sia alle spese sanitarie, sia per controbilanciare gli effetti su imprese, banche, lavoratori, liberi professionisti. Il deficit di bilancio passerebbe dal -3,0% al -9,2 % in Francia, dal – 5,8 % al -15,4% negli USA, dal +1,4 al -5,5 % in Germania. Allo stesso tempo, Il tasso di disoccupazione dovrebbe aumentare in media, nel 2020, di circa 3 punti percentuali. Per l’Eurozona si prevede un aumento dal 6,6 % della popolazione attiva al 9,2 %, per l’Italia dal 10,0 % al 12,7 %, per la Grecia dal 17,3 % al 22,3 %, mentre in Germania sarà contenuto dal 3,2 % al 3,9 % e nei Paesi Bassi dal 3,4 % al 6,5 %. Si prevede che questo tasso di disoccupazione rimarrà nel 2021 ben superiore a quello del 2019. Ovviamente il costo sociale e finanziario sarà molto diverso da un paese all’altro. Il programma europeo SURE (Support to mitigate Unemployment Risks and Emergency) prevede un fondo di € 100 miliardi per far fronte al costo della disoccupazione, ma è poco probabile che si tratti di donazioni.
Ovviamente, il problema principale sarà quello dei deficit pubblici e, di conseguenza, dei debiti nazionali. Il debito pubblico farà enormi balzi tra i 20 e i 40 punti percentuali. Quello italiano potrebbe passare dal 134,8 % di fine 2019 al circa 170 %.
La conseguenza, per tutti i paesi sarà un enorme fabbisogno di finanziamenti. I costi diretti per i bilanci pubblici nel 2020 sono stimati dal FMI a $ 3.300 miliardi a livello mondiale, più $ 800 miliardi di crediti ed aiuti al settore privato e $ 2.700 miliardi di garanzie per coprire i rischi di mancato rimborso di prestiti. Un totale di $ 7.800 miliardi. La Francia avrà bisogno circa di € 240 miliardi e l’Italia di più di €160 miliardi prima della fine dell’anno. La pressione sui mercati finanziari spingerà i tassi d’interesse al rialzo, e di conseguenza i costi di indebitamento. Allo stesso tempo, i paesi emergenti e in via di sviluppo, debbono affrontare molteplici shock: la pandemia, l’improvviso inasprimento delle condizioni finanziarie, l’indebolimento della domanda esterna e, per gli esportatori di materie prime, il calo dei prezzi. Infine, i paesi produttori di petrolio, spesso grandi investitori e importatori dai paesi occidentali, devono sopportare un calo drammatico del prezzo del greggio. Nel complesso, si tratta un enorme sfida finanziaria al livello mondiale.
Quindi, i paesi con un debito elevato e un basso rating, l’Italia e la Grecia in primis – i titoli dell’Italia sono a un passo dal junk* – dovranno non solo sostenere dei costi d’interesse enormi per più anni – il costo annuale per l’Italia nel 2019 era già di circa € 60 miliardi -, ma anche rifinanziarsi a tassi d’interesse più alti. Anche se, come stabilito, la BCE accetterà di acquistare i titoli di Stato senza limiti e l’Ue troverà il modo di ridurre i costi, tramite coronabonds, altri strumenti o un fondo speciale, questi prestiti dovranno essere rimborsati e i tassi d’interesse pagati. Sarà indispensabile per la credibilità del paese. Sarà anche necessario ridurre gradualmente il debito. Da una parte, per disporre di un margine di manovra in caso di una nuova crisi o per finanziare altri interventi dello Stato per assicurare una ripresa rapida. Dall’altra, perché l’aumento del costo degli interessi aumenterà e potrebbe far sprofondare il paese se la situazione finanziaria e monetaria mondiale conduce a un aumento dei tassi, come è probabile. Una (cattiva) soluzione sarebbe la cancellazione di una parte del debito, ma questo porterebbe non solo a una perdita di credibilità a medio-lungo termine ma anche al commissariamento del paese.
É giunto quindi il momento di pensare che il rispetto delle rigorose condizionalità imposte dal Fiscal compact o dal MES è una necessità vitale, non una punizione. Simili condizioni furono imposte dagli americani ai beneficiari del Piano Marshall che hanno permesso 30 anni di crescita senza sosta.
Continua…
8. Aspetti economici, aiuti finanziari e cofinanziamenti della spesa pubblica
7. Legislazioni europee
6. Regole di decisioni politiche e cooperazione
5. Ricerca scientifica e forniture di apparecchiature medicali
4. Le azioni dell’Unione
3. Le competenze dell’Ue in materia sanitaria
2. Egoismi nazionali e solidarietà europea
1. Unione Europea e coronavirus