L’Italia di Roberto Mancini: lavoro di gruppo, dedizione e giovani

Oscar Buonamano

La vittoria dell’Italia ai Campionati Europei di calcio è importante per tutto lo sport italiano e pur restando solo e soltanto una vittoria sportiva racconta molto del nostro Paese.

Roberto Mancini, nel 2017, raccoglie il testimone da Gian Piero Ventura, il commissario tecnico della nazionale che sarà ricordato come colui che non portò l’Italia del calcio ai mondiali di Russia del 2018. Il punto più basso della storia calcistica italiana.

Accolto con scetticismo, a dispetto di molti successi ottenuti da allenatore, inizia un lungo lavoro di ricostruzione della squadra nazionale. Mostra di avere subito le idee chiare: punta su calciatori qualitativamente bravi anche a scapito di una struttura fisica importante, lavoro di gruppo e, soprattutto, scegli di puntare su calciatori molto giovani.

Alle parole seguono i fatti.

Per la partita che si disputerà il 7 settembre del 2018 contro la Polonia convoca Nicolò Zaniolo. Il giovane calciatore della Roma è convocato senza aver giocato mai una sola partita in serie A con la sua squadra.

All’indomani del suo incarico Mancini aveva dichiarato, «Mai così pochi italiani in campo, è il momento più basso […] C’è bisogno che giochino, specie i giovani, ci vuole più coraggio. Speriamo che con il tempo abbiano più spazio». Detto, fatto.

A chi gli chiedeva le ragioni della convocazione di Zaniolo rispose in questo modo, «Ho chiamato Zaniolo anche se non ha giocato mai in A perché è un Under 19, è stato finalista agli Europei e ha qualità: a 19 anni si deve giocare nella massima serie, serve più coraggio, anche in futuro faremo convocazioni allargate per conoscere anche altri giovani».

Così è stato fin dalle prime convocazioni e i risultati non si sono fatti attendere.

La sua nazionale ha centrato la qualificazione all’Europeo vincendo tutte le partite del girone preliminare, non era mai successo prima. È imbattuta da 34 partite. Soprattutto ha vinto il Campionato Europeo nella notte dell’11 luglio a Wembley e ciò non succedeva dal 1968.

Il modo con cui Roberto Mancini ha ricostruito dalle fondamenta la nazionale di calcio è una buona pratica mondiale che dovremmo studiare a fondo e dalla quale dovremmo imparare tutti.

La prima è più grande lezione è che il gruppo, la squadra, viene prima del singolo. Ovvero i grandi calciatori sono fondamentali per vincere trofei, Donnarumma docet, ma solo se sono inseriti in un gruppo in cui ognuno rispetta l’altro.

La seconda è che soltanto con il duro lavoro quotidiano, con un’applicazione costante, si ottengono risultati.

La terza è che ai giovani le opportunità gli vanno date oggi, non domani. Il presente è il tempo dei giovani.

«L’Italia non è un Paese per giovani», lo abbiamo sentito decine, centinaia di volte. Lo abbiamo anche pensato e detto, ognuno di noi. L’Italia di Roberto Mancini ci dice che non è sempre così e che non è sempre vero. Che cambiare in meglio si può. La sua nazionale è un esempio da seguire e prendere a riferimento.

Certo l’Italia ha vinto solo un campionato Europeo di calcio e il calcio non è tutto nella vita, ma a quella rappresentazione hanno assistito in tanti e non solo in Italia. Per la precisione circa 20 milioni le persone che hanno seguito la partita in televisione, un terzo degli italiani.

C’era il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, a seguire l’evento dal vivo e che oggi riceverà al Quirinale e con tutti gli onori i campioni azzurri e il suo condottiero. Ci saremo anche noi al Quirinale con il cuore e con le emozioni che bella gioventù ci ha regalato in questi ultimi giorni.

Grazie a Roberto Mancini (il fuoriclasse della nostra nazionale) e al suo gruppo di lavoro, grazie a tutti calciatori della rosa, grazie a Gabriele Gravina e a tutta la Federazione Italiana Gioco Calcio.

«Ciascuno di noi aspetta la bella giornata, legittimamente, tutta la vita. Anzi, è la volontà stessa di vivere. È la causa della vita, quell’attesa: una speranza che noi nutriamo, altrimenti l’esistenza sarebbe inutile viverla», sono parole dello scrittore napoletano Raffaele La Capria.

E ieri, per noi italiani, è stata proprio una bella giornata.

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