«Sindrome da morte improvvisa», così hanno detto a Lyudmila Navalnaya, la madre di Aleksej Anatol’evič Naval’nyj.
L’oppositore numero uno di Putin era stato avvelenato con un’arma chimica detta Novičok, una sostanza vietata da trattati internazionali che, invece, circolava in Russia. Dopo le cure in una clinica tedesca decise di tornare in Russia per continuare la sua battaglia politica di opposizione al potere politico del nonno del bunker, il soprannome affibbiato a Putin dopo la pandemia.
Rientrato in patria è stato arrestato e oggi si assiste, inermi, alla sua morte.
Nel documentario Navalny, vincitore del Premio Oscar di categoria nel 2023, è spiegata molto bene l’ultima vicenda del dissidente russo Aleksej Anatol’evič Naval’nyj, nato a Butyn il 4 giugno 1976 e ucciso nel carcere di massima sicurezza IK-3 a Charp, il 16 febbraio 2024.
Avrebbe potuto continuare la sua battaglia politica da esule, ma ha preferito rientrare in Russia e offrire sé stesso e purtroppo, la propria vita, per una causa grande: il diritto di fare politica.
Nella scena finale del documentario vincitore del Premio Oscar, Naval’nyj guardando dritto nella telecamera e dunque negli occhi degli spettatori dice: «Ascoltate ho qualcosa di davvero ovvio da dirvi: non potete permettervi di arrendervi. Se decidono di uccidermi vuol dire che siamo incredibilmente forti. Dobbiamo usare questo potere per non arrenderci, per ricordarci che siamo una potenza che è oppressa da losche figure. Noi non ci rendiamo conto di quanto siamo forti. L’unica cosa necessaria al trionfo del male è che le persone buone non facciano nulla. Quindi non siate inattivi».
A chi si rivolge?
Ai russi? Soltanto ai russi? Oppure chiama in causa tutte le persone libere che si battono per la libertà e la democrazia in ogni angolo del mondo, a cominciare dall’Europa?
Dopo la guerra all’Ucraina, la repressione di qualunque forma di dissenso si manifesti in Russia e la morte di Naval’nyj, cos’altro dobbiamo attenderci? Cos’altro dobbiamo aspettare che accada?
Il significato autentico del messaggio di Naval’nyj è difendere la democrazia non solo all’interno dei propri, piccoli e insignificanti, confini, ma schierandosi contro le dittature ovunque si manifestino. Schierandosi dalla parte di chi subisce ingiustizie, angherie, vessazioni, violenze, sopraffazioni.
Aleksej Anatol’evič Naval’nyj era avvocato, segretario del partito Russia del Futuro e presidente di Coalizione Democratica che tiene insieme diversi partiti dell’opposizione. Il suo predecessore con questo incarico, Boris Nemcov, è stato assassinato nel 2015.
Aveva denunciato, con una massiccia azione dispiegata sui social, la corruzione della classe dirigente russa e messo in evidenza la ricchezza accumulata da Putin. La violazione dei diritti umani nella sua nazione e l’assenza di democrazia.
«Sindrome da morte improvvisa», così hanno detto a Lyudmila Navalnaya, la madre di Aleksej Anatol’evič Naval’nyj, ma sappiamo che non è vero: lo hanno ucciso.