Camus: «Tutto quello che so sulla moralità e sui doveri degli uomini lo devo al calcio»

Zoff, Szczęsny e l’etica del portiere

Darwin Pastorin

Devo ammetterlo: ho sempre avuto una passione per i portieri, pur giocando da centravanti e avendo, da ragazzo, come idolo Pietro Anastasi, nove della Juventus. Ma l’estremo difensore, come l’ala destra, quando ancora c’era l’ala destra (Garrincha, Best, Meroni, ma anche Pasolini e Tabucchi), possedeva qualcosa di poetico.

E il primo pensiero va al monumentale Dino Zoff, mundial in Spagna nel 1982, con il Brasile sconfitto, in quell’epico 3-2 al Sarrià di Barcellona, grazie, sì, alla tripletta di Pablito Rossi, ma anche alla superba parata del quarantenne numero uno, a tempo quasi scaduto, su un colpo di testa del difensore centrale Oscar Bernardi. E il pari avrebbe qualificato per la semifinale la Seleção.

Zoff è sempre stato un esempio di morale e di etica. Lasciò la panchina della nazionale dopo le critiche, assurde e grottesche, di Silvio Berlusconi al termine della finale persa dagli azzurri agli Europei olandesi con la Francia (2000, golden gol di Trezeguet). Dino si dimise il giorno dopo quella disfida  dicendo, a testa alta e a schiena dritta: «La dignità di un uomo non va mai offesa». Un titano. Come continua a essere. Uno che ha portato nel football, come il suo fraterno amico Gaetano Scirea, al nostro cuore sempre caro, l’onestà, la serietà, la professionalità, l’educazione.

Nei giorni scorsi, il portiere polacco della Juventus, Wojciech Szczęsny, erede del gigante Buffon, sette stagioni in bianconero, otto titoli complessivi conquistati, ha lasciato Madama e il mondo del football, affermando: «La Juve mi ha offerto diverse volte il rinnovo, ma avevo già deciso di smettere alla fine della prossima stagione e non volevorubate soldi al club”». Un gesto nobile e nessuna volontà di cercare in Arabia ingaggi ricchi e facili.

«Tutto quello che so sulla moralità e sui doveri degli uomini lo devo al calcio», così sentenziò Albert Camus, che fu estremo difensore in Algeria. Davvero: «portiere senza fine bello!», per parafrasare il poeta crepuscolare Guido Gozzano e Gianni Brera.

In porta sei solo, «un’aquila solitaria, l’uomo del mistero» (definizioni di Vladimir Nabokov, portiere a Cambridge, nei primi anni Venti del Novecento): tutto è, in maniera non soltanto concreta, ma filosofica, nelle tue mani, un tuo errore non viene mai perdonato, resterai sempre, seppure poeticamente, «il portiere caduto alla difesa» di Umberto Saba.

Ricordo al mondiale di Russia un eroe originale, degno delle pagine di Osvaldo Soriano: Hannes Halldórsson, islandese, classe 1984, videomaker di professione, portiere per diletto, che si è tolto lo sfizio di respingere un rigore a Lionel Messi, nella partita con l’Argentina terminata 1-1. L’Islanda diventò, per quel match, il centro dell’universo calcistico. Una favola ancora possibile nel pieno del pallone miliardario.

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