Cento anni dalla nascita del Manifesto Surrealista

Il fondatore del Surrealismo André Breton, il 14 ottobre del 1924, pubblica il primo Manifeste du Surréalisme e definisce le regole del movimento: «Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere con le parole o con la scrittura  o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale».

Il Surrealismo segue il lungo elenco delle avanguardie del Novecento che includeva, tra gli altri, l’Espressionismo, il Cubismo il Futurismo, il Dadaismo, e persegue lo scopo di liberare la letteratura e l’arte da regole tradizionali e dimostrare le loro vere aspirazioni. Si tratta di una netta rottura con il passato, definita distruzione del vecchio e creazione del nuovo.

È un movimento letterario-artistico di innovazione e di superamento delle convenzioni borghesi, nato come reazione al decadentismo e al naturalismo e come volontà di appropriarsi della realtà attraverso la poesia e l’arte, seguendo integralmente un nuovo modus vivendi.

Dopo la Prima guerra mondiale, la società europea era devastata dalla tragica realtà delle grandi perdite umane e si sentiva il desiderio di libertà dai condizionamenti e di una nuova libertà di espressione. Cominciava a diffondersi l’urgenza di instaurare con la poesia e con l’arte un rapporto di condivisione e  di renderle fruibili e, al contempo, dar loro elevazione sublime.

Secondo il movimento surrealista, solo attraverso il linguaggio poetico si poteva affermare la liberazione dell’uomo nel senso di valorizzare le peculiarità della sua personalità che le istituzioni sociali avevano spento. Significa che il pensiero dominante e le basi teoriche dell’estetica surrealista erano gli scritti di Freud e, in particolare, il saggio sulla psicoanalisi dell’inconscio  L’Io e l’Es, pubblicato nel 1923.

Per la produzione artistica, sulla base degli studi sull’inconscio di Freud, si era compreso l’urgenza di potenziare la componente irrazionale e immaginare una realtà diversa, andare oltre il visibile. Tutto questo era possibile attraverso il ricorso alle cosiddette tecniche liberatorie – sogno, profezia, scrittura automatica, che Breton ha definito surrealiste, cioè: «Dettato di pensieri nell’assenza di ogni controllo che farebbe il raziocinio al di fuori da ogni estetica o preoccupazione morale».

Il poeta Louis Aragon, membro attivo del manifesto surrealista, con i suoi versi e  le metafore, crea immagini surrealiste che fanno da traino: «Chiesi all’albero se avesse sempre il suo nastrino rosso». L’originalità dello stile surrealista corrispondeva alla base teorica che richiedeva più tempo per la traduzione nel linguaggio comprensibile.

L’uso di metafore che formavano il testo poetico, dove si intrecciavano immagini che quanto più erano lontane dall’uso corrente, tanto più si avvicinavano all’ideale surrealista, ha cambiato il linguaggio eccessivo in segni e forme. Così, André Breton che ha una predilezione per l’amore, lo vede in ogni dove e lo descrive come un atto di pura ispirazione surrealista: «Mentre parla non rimane che un muro/ Che batte in una tomba/ come un velo scuro./ L’eternità cerca un orologio da polso/ Un po’ prima di mezzanotte vicino all’imbarcadero».

L’amore poliforme, sia carnale che spirituale che Breton descrive con le annotazioni linguistiche più disparate, sono frutto di quella cultura poetica surrealista che nessun’altra corrente precedente aveva prodotto.

Sono tanti i poeti che faranno parte del movimento surrealista, da Paul Eluard a Tristan Tzara, da Eduard Peret a Philippe Soupault, a Octavio Paz. Posizioni teoriche e scrittura tra sogno e veglia resteranno presenti e adattati alle nuove condizioni di vita.

Nel secondo Manifesto del 1930 Breton, dopo Freud, come punto di riferimento  del surrealismo, introduce Hegel con la motivazione «che pone la poesia al di sopra di tutte le altre arti» e Marx con i suoi principi del materialismo storico-dialettico.

Psicoanalisi, filosofia e marxismo saranno la cornice entro cui si muoverà il movimento surrealista. La ben nota definizione del surrealismo fatta da Breton rappresenta un punto esaustivo della poetica surrealista: «Dettato dei pensieri nell’assenza di ogni controllo che farebbe il raziocinio, fuori da ogni estetica o preoccupazione morale».

Il surrealismo è pamphlet, è poesia, è arte. Produce, aggiunge e supera in un continuo dinamismo, esigenze che riguardano il mondo e il pensiero umano e che  differiscono  dal già visto, dal già conosciuto. Quando la poesia surrealista sceglie di aderire al realismo socialista, a favore del socialismo, cioè da «rivoluzione surrealista» diventa «surrealismo al servizio della rivoluzione», la sua vibrazione emotiva sconfina in una coscienza storica. Breton diventa membro del PC francese ma non segue la letteratura del realismo sociale. Aragon partecipa alla conferenza di Harkov e la politica entra nella sua vita.

Il dettato del surrealismo era andare oltre il visibile che l’arte interpreta come liberare l’immagine dai condizionamenti. D’altronde l’abolizione delle regole tradizionali significava averne altre con cui sostituirle. Quella civiltà europea ha un’altra arte da cui l’arte contemporanea attinge a piene mani e di cui gli effetti hanno fortemente influenzato il nostro stesso mondo, con la pittura di Marcel Duchamp, Joan Mirò, René Magritte, Salvador Dalì. La capacità di sperimentare continuamente celebra e ribattezza il tempo che si trasfigura in infinito.

È l’estetica palpitante ma anche inquietante, in un gioco che sembra improvvisazione , creata dall’inconscio e che, invece, si dipana in uno stile ben preciso. I quadri sono un lampeggio di immagini in cui la continuità è frammentaria e tratteggia una narrazione allegorica di oggetti che sono diventati di culto.

Mirò aderisce subito al surrealismo e si trasferisce a Parigi dove, insieme a Picasso, per un certo periodo, ha fatto parte del surrealismo e la sua opera fu accostata a quelle di Dalì e di Mirò – forme inconsce e frammentate. Riassume l’immagine di un’esperienza umana dalla sorte provvisoria che non si evita e non si combatte con l’arte.

Una specie di trasparenza morale  postbellica che spiega l’angoscia del vissuto che a volte assume scatti di forme di rappresentazione fantastica in Mirò e Magritte. Mirò con il suo celebre dipinto  Carnevale di Arlecchino (1924) suggella la sua adesione al surrealismo e Magritte ne Il doppio segreto (1927), nel volto femminile nascosto della madre suicida, incide il genio pittorico e rende pubblica la sua autobiografia. Mirò è sotto il flusso di raggi di luce della Catalogna e Magritte dei raggi di luce delle Fiandre; il mondo fantastico e il mondo reale che si contrappongono e fanno diventare il surrealismo un linguaggio universale dell’arte.

L’arte di Mirò che colora il tempo con stupore gioioso e costruisce sculture umane di grandi dimensioni e di Magritte che predilige i personaggi della vita reale e  sovrappone gli oggetti per indagare e fare anatomie, suscitano emozioni e sempre nuove definizioni.

La pittura metafisica di Giorgio De Chirico fa parte del surrealismo anche se non aderisce al movimento. Non è il ritratto della vita ma sono le sue imperfezioni che fanno parte di quegli oggetti  e le cose differenti e incompatibili con cui  riempie la tela. De Chirico accosta oggetti diversi per riempire spazi vuoti che definiscono la realtà. Per Dalì le immagini pittoriche sono ciò che l’inconscio presenta e l’ispirazione  realizza la rappresentazione di un mondo che aleggia come un suono soave di un algoritmo appena scoperto, per dirla con il nostro linguaggio contemporaneo.

La portentosa forza propulsiva della poesia e dell’arte del surrealismo che dura da cento anni – sublime interpretazione della psiche e della storia dell’uomo -, potrà essere ulteriormente compresa?

L’epoca dell’Intelligenza Artificiale offrirà nuovi spunti di ricerca sul surrealismo e dovrà tener conto delle indagini critiche finora condotte che lo definiscono ancora contemporaneo.

Quello che eccita e dà brividi, sono stilemi del surrealismo che non si sono esauriti e, a differenza di altre avanguardie,  tutt’oggi irradiano e influenzano non solo la scrittura e l’arte ma  anche il cinema e le arti visive.


Bibliografia

André Breton, Manifesti del surrealismo, Einaudi, Torino 2003
Sigmund Freud, L’Io e l’Es e altri scritti, Boringhieri, Torino, 1986
Didier Ottinger (a cura di),  Dictionnaire de l’obiect surrealiste, Gallimard Centre Pompidou, 2013

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