Costruire il campo dei progressisti, unire i riformisti, o che?

Oscar Buonamano

Le elezioni politiche del 25 settembre consegnano all’Italia un quadro politico chiaro che ha riflessi oggettivi sia sulla governabilità, nel breve e medio periodo, sia sulle coalizioni politiche.

Ha vinto la destra di Giorgia Meloni che ha raccolto nelle urne il doppio dei voti di Lega e Forza Italia. Questo risultato ha determinato il governo più a destra dell’Italia dai tempi del fascismo.

Nel campo avverso si collocano tre (per il momento) opposizioni: il centrosinistra che fa capo al Partito Democratico, il Movimento Cinque Stelle e l’alleanza elettorale tra Azione e Italia Viva.

Un governo e tre, distinte, opposizioni.

In vista delle elezioni regionali in Lombardia, Letizia Moratti (una vita politica da indipendente nel centrodestra che le ha consentito di essere Presidente della Rai, Ministra dell’Istruzione con Silvio Berlusconi, prima donna sindaco di Milano e fino a pochi giorni fa, Vice presidente della Regione Lombardia) ha dichiarato la sua intenzione di candidarsi a Presidente della Lombardia con, per il momento, l’appoggio di Azione e Italia Viva.

Nella sua prima dichiarazione, rivolgendosi al Partito Democratico ha detto: «Uniamo i riformisti, questa destra costruisce solo recinti».

Da dove deve ripartire il centro sinistra per riconquistare il consenso popolare e provare a vincere le prossime elezioni politiche?

Cosa significa unire i riformisti? Chi sono i riformisti?

Si deve costruire un campo progressista?

Iniziamo da oggi una riflessione collettiva su questo tema con alcuni degli autori di pagina21.

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