Forestazione edilizia. L’Isola Verde ha subito nel corso dell’ultimo mezzo secolo una mutazione ambientale. Altro che transizione ecologica. Ischia, la più grande, la più popolosa delle isole del Golfo di Napoli, è rimasta prigioniera del suo successo economico. Tragicamente anti-ecologico. La natura piegata all’espansione del turismo glocal, un turismo internazionale e locale, bisognoso di sempre maggiori spazi per l’accoglienza sia di una clientela d’élite sia per assecondare l’ambizione alla seconda casa di tanti napoletani benestanti. Un luogo dei desideri, poco più di 60mila abitanti, capace di ospitarne cinque volte tanti nei periodi estivi di punta. Quando su Ischia si riversano le mille contraddizioni di un Sud in bilico perenne tra sviluppo e arretratezza.
La frana all’alba di sabato 26 novembre provoca dolore e sgomento. «La strage dei bambini» ha titolato il Mattino, il quotidiano di Napoli. «La strage degli abusi» invece il titolo scelto da la Repubblica. Due tremende verità, complementari, per provare a capire le cause di una tragedia prevedibile, oltre l’umana pietas per vittime così giovani, sottratte alla vita nel luogo più sicuro che ognuno possa immaginare, la propria abitazione.
Ischia è un’isola di origine vulcanica. Il monte Epomeo, da dove si è staccata la frana assassina, è uno dei tre vulcani presenti nel Golfo di Napoli. Il più noto, si sa, è il Vesuvio. Il più attivo, in questa fase storica, è il complesso dei Campi Flegrei con la Solfatara e il fenomeno del bradisismo che interessa Pozzuoli. Poi appunto l’Epomeo, quiescente da secoli, ma vivo.
Ne parlò anni fa, ipotizzando il possibile rischio, l’allora capo della Protezione Civile Franco Gabrielli; una verità scomoda, accolta con fastidio dalla comunità locale. Eppure, la memoria del pericolo è ben viva sull’isola. Non c’è bisogno di scomodare gli archeologi i quali insegnano come già nell’VIII secolo avanti Cristo alcuni villaggi siano stati spazzati via dalle frane provocate dal monte Epomeo; fenomeni in qualche modo simili a quello dell’altro giorno. No, non è necessario andare indietro nel tempo per quasi tremila anni. Anche se è sempre bene ricordare che Ischia, l’antica Pithecusa, fu la prima colonia greca in questa area del Mediterraneo, la più lontana dalla madrepatria. Magnifica già allora. Come magnifica è la Coppa di Nestore, un vasetto le cui dimensioni sono inversamente proporzionali al suo valore: su di esso compare un’iscrizione da destra a sinistra, in ossequio allo stile fenicio, considerata la più arcaica rappresentazione di un alfabeto finora conosciuto. La Coppa di Nestore è giustamente custodita ed esposta nel museo ischitano.
Ma quanto lo sanno?
Mentre in tanti conoscono l’episodio del terremoto di Casamicciola del 1883 nel quale un giovanissimo Benedetto Croce, il futuro filosofo di fama internazionale, perse la famiglia mentre lui si salvò fortunosamente.
Terremoto, alluvioni, frane, smottamenti: la storia recente di Ischia è un contrappunto di dolori mascherati dall’immagine glamour, vacanziera, spensierata e felice costruita con fatica e dedizione sin dalla fine dell’800.
L’isola è fragile e ballerina, ma la sua natura vulcanica la rende ricca grazie alla grande disponibilità di acque termali. Angela Merkel, negli anni del cancellierato, è stata una testimonial di rango mondiale. Ma in precedenza il regista Luchino Visconti la scelse per il suo buen retiro rifugiandosi nella splendida Villa Colombaia. Mentre l’editore Angelo Rizzoli fu il generoso promotore di un turismo di qualità. Brigitte Bardot, Liz Taylor e Richard Burton, crocevia di star internazionali. Ancora oggi un prestigioso premio giornalistico ogni anno porta a Lacco Ameno grandi firme italiane e straniere.
Si può diventare vittime della propria fama?
Trasformarsi quindi in un oggetto di consumo sfrenato?
Senza regole e senza più limiti?
Purtroppo sì, è accaduto proprio questo. Come, in forme diverse, si è verificato a Venezia o nel centro storico di Roma. Le statistiche rivelano la presenza di 27-28mila mila richieste di condono edilizio rispetto a una popolazione di 60mila abitanti: un abuso ogni due cittadini. Verande, balconi, logge, piscine, stanze aggiunte, ma anche interi edifici spuntati all’improvviso senza licenza. Perché il valore di mercato di un metro quadro è altissimo. Un capitalismo selvaggio ha prodotto ricchezza mista a danni ambientali difficilmente riparabili.
Un blocco sociale si è letteralmente cementato sul mattone e sul turismo, composto da imprenditori, artigiani, ceto medio, proletariato. Perché l’abuso edilizio, la speculazione sui suoli, il miraggio del guadagno in barba alla sicurezza hanno accecato un’intera comunità. Senza distinzioni politiche. Trasversalismo elettorale decennio dopo decennio. Fino al dramma odierno.
L’ultimo condono, approvato dopo il terremoto del 2017, porta la firma di Giuseppe Conte, all’epoca a capo del governo penta-leghista. Condono, oggi oltremodo imbarazzante per l’ex premier finito all’opposizione, dettato dal paradosso ischitano: le case distrutte o danneggiate dal sisma non potevano ottenere i contributi stanziati dallo Stato perché fuorilegge, del tutto o parzialmente abusive. Una dannazione destinata a ripetersi all’infinito. Perché l’Isola Verde è troppo bella per potersi distrarre a curare le sue ferite.