Gian Paolo Ormezzano e l’arte del raccontare

GPO era nato a Torino il 17 settembre 1935 ed è morto nel capoluogo piemontese il giorno di Santo Stefano. Scrittore, giornalista, è stato direttore responsabile di Tuttosport, editorialista del Guerin Sportivo e della Stampa. Tifoso del Torino.

Darwin Pastorin

Gian Paolo Ormezzano era l’ironia, l’arguzia, il riso, l’aneddoto sorprendente, l’abbraccio generoso, la parola giusta, l’aggettivo perfetto. È stato il mio primo direttore a Tuttosport nel 1974.

Avevo appena superato l’esame di maturità. Mi presentai in via Villar e le porte, come per incantamento, si spalancarono. Dopo alcuni giorni di apprendistato, GPO (Gian Paolo Ormezzano) mi chiese di scrivere un articolo per la Terza Pagina, scritto proprio così, del quotidiano torinese. Io raccontai la storia di Vincenzo Marino, centravanti del Brindisi in Serie B.

Le nostre famiglie diventarono amiche in Brasile: meravigliose vicende di emigrazione. Ormezzano mi disse: «La pubblico».

Il giorno dopo, per la felicità e l’emozione, acquistai in venti edicole altrettante copie del giornale.

Ecco: Gian Paolo sapeva apprezzare, come Giovanni Arpino, i giovani apprendisti cronisti. Gli ho voluto bene e, per sempre, resterà nel mio cuore. E nel figlio Timothy ha trovato il suo degnissimo erede. Tanto sono i ricordi, le emozioni e le nostalgie. Era un mago dei titoli, non solo della scrittura. Quando Michele Dancelli conquistò, dopo anni di dominio straniero, la Milano-Sanremo fece suonare le campane in prima pagina: «Din Don Dancelli!».

Tifava per il Toro, in maniera sincera folle e assurda, ma coltivava una profonda amicizia e stima con Boniperti. Scriveva di tutto con un talento inavvicinabile: nuoto, sport praticato e amato, ciclismo, atletica. Era un appassionato di teatro e la sua collaborazione con Assemblea Teatro di Renzo Sicco, la sua Marlene, spesso, impegnata con la sua classe di attrice, ha prodotto testi straordinari.

Era impossibile non volergli bene, ascoltare per ore, senza mai annoiarsi, le sue memorie, che coinvolgevano non soltanto i campioni dello sport, ma scrittori famosi e tifosi del vecchio e caro Filadelfia, filosofi hegeliani e amici d’infanzia, l’adorazione per la Francia, come per Gianni Mura, e le vicende del proprio quartiere.

Scriveva a con velocità sorprendente ed era sempre buona la prima stesura.

Ha deliziato lettori di Tuttosport, Famiglia Cristiana, La Stampa e Corriere della Sera, soprattutto l’edizione di Torino. Era il nostro Borges, con i suoi labirinti e i suoi universi paralleli. Soprattutto è stato un maestro che non ha mai smesso, senza presunzione e arroganza, d’insegnarci che scrivere era come fare l’amore.

Noi, GPO, ti abbiamo amato.

Non smetteremo mai di farlo. Grazie di tutto. Soprattutto per quegli abbracci nei nostri momenti di malinconia. Per quel tuo sorriso che era il nostro sole e la nostra consolazione.

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