Ha vinto il centro destra, governerà la destra

Oscar Buonamano

Il risultato delle urne è chiaro sia da un punto di vista numerico sia da un punto di vista dell’interpretazione politica. Vince la destra di Giorgia Meloni che diventa primo partito politico italiano per numero di consensi, vince la coalizione di centro destra che, da molti anni a questa parte, esprime anche un’egemonia culturale che attraversa tutta la società italiana.

Viceversa, il centro sinistra perde le elezioni politiche che porteranno, con molta probabilità, la prima donna a presiedere il Consiglio dei Ministri.

Nel corso di questi ultimi anni, almeno gli ultimi dieci anni, il centro sinistra è stato subalterno al centro destra. Lo è stato, soprattutto culturalmente.

Abbiamo imparato da Antonio Gramsci che «La conquista dell’egemonia culturale è precedente a quella del potere politico e questa avviene attraverso l’azione concertata di intellettuali organici infiltrati in tutti i mezzi di comunicazione, di espressione e nelle università».

Francamente non sono in grado di dire se nelle università italiane ci siano intellettuali organici di destra che hanno esercito qualche influenza sulla formazione del pensiero politico dei giovani, certo è che nei mezzi di comunicazione il centro destra, e più puntualmente Giorgia Meloni, ha inciso in modo determinante.

Per molto tempo e quando il suo partito era poco considerato sia dai commentatori politici sia dagli elettori, Giorgia Meloni è stata una delle protagoniste di un programma radiofonico della Rai molto seguito (e che va in onda all’ora di pranzo), costruendo giorno dopo giorno, trasmissione dopo trasmissione, una nuova immagine personale che, inevitabilmente ha influito anche sulla percezione collettiva del suo partito. Per evitare equivoci: Meloni ha vinto le elezioni non per un programma radiofonico, ma la costruzione del suo posizionamento nella società italiana viene da lontano e ha contribuito, con altre iniziative e programmi di comunicazione politica, a rendere subalterna la cultura politica del centro sinistra.

Detto in altri termini: la destra, oggi in Italia, esprime un’egemonia culturale che ha preceduto e reso possibile l’ampio consenso ottenuto nelle urne.

Da oggi inizia un nuovo percorso, il percorso che porterà Giorgia Meloni (se non ci saranno sommovimenti e inversioni di rotta all’interno della coalizione vincente) a guidare un governo di centro destra. Un governo che dovrà tenere in considerazione e insieme le istanze più liberali di Forza Italia e le spinte all’autonomia della Lega Nord. In questo senso sarà un governo di centro destra e non un governo di destra.

Il nuovo governo ha davanti a sé sfide difficili che rischiano, se non affrontate con competenza, di trascinare il Paese in una condizione ancor più difficile di quella attuale. Innanzitutto, la guerra nel cuore dell’Europa per quello che riguarda il fronte internazionale, la condizione economica delle famiglie e le politiche del lavoro per quanto riguarda il fronte interno. Ovviamente, massima allerta per tenere a distanza la pandemia.

Cosa succederà invece nel campo avverso?

Difficile una risposta univoca e certa perché gli errori, le indecisioni, i balbettii in questi ultimi anni sono stati tanti e in più direzioni. Per il centro sinistra, politicamente, tutto è o pare perduto.

Per ricominciare c’è la necessità di resettare e ricominciare dall’inizio. Senza perdere la calma, ma al contrario ragionando e creando le condizioni migliori per una ripartenza che sia anche una rifondazione legata alla ricerca di soluzioni per i problemi che il Paese sta affrontando e, soprattutto, ad un ricambio, non solo generazionale, della sua classe dirigente.

Ricominciare dall’inizio deve significare ricominciare dalle questioni legate al mondo del lavoro. Dai diritti delle persone. Da un progetto per il presente e per il futuro dell’Italia.

Non sarà un percorso facile tantomeno breve, perché il cambio di prospettiva richiede un ricambio integrale della classe politica dirigente. A Roma come in periferia.

La sfida più grande che ha davanti il centro sinistra è epurare sé stessa e innescare un processo di cambiamento che sia capace di rinnovare tutto e tutti per iniziare attività che portino nel più breve tempo possibile a riconquistare fiducia ed egemonia culturale innanzitutto fuori dal Palazzo.

«L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».

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