Il miglior Verdone degli ultimi dieci anni

A volte capita veramente di essere contenti di aver sbagliato.

Ricapitoliamo: qualche tempo fa, era la primavera del ’21, proprio in questa rubrica scrivevo considerazioni molto negative e pessimistiche a proposito dell’ultimo film di Carlo Verdone, Si vive una volta sola. Notavo come quel film, che aveva avuto anche sfortunate vicissitudini distributive legate al covid, confermasse in modo netto l’esaurimento della vena satirica del regista rivelando quanto la celebre capacità verdoniana di costruire personaggi comici esagerati ma specchio di una realtà riconoscibile, quelli colti al volo nel bar, avesse lasciato il posto a banali macchiette alle prese con situazioni prevedibili. E mi dolevo del fatto che questa involuzione era una perdita non solo sul piano artistico ma per tutta la vita sociale.

Ebbene, dopo aver visto la terza serie di Vita da Carlo posso, anzi possiamo, tirare un sospiro di sollievo. A dispetto delle mie fosche visioni, la comicità di Verdone è ancora viva.

Per questa sorta di rinascita Verdone non ha cambiato solo formato, passando dal film alla serie televisiva che ha tempi, ritmi, e modi di consumo diversi, ma ha sostituto il suo punto di osservazione, il campo della sua ispirazione.

Non vorrei semplificare troppo, ma mi pare che il mondo di Verdone settantenne sia saggiamente più ristretto, più concentrato, più vicino alla sua vita reale. Il riso e la satira non vengono più dall’osservazione dei modi di vita, dei costumi, del linguaggio di un’intera generazione ma da un orizzonte più ristretto e prossimo, dalle dinamiche della sua personale esperienza familiare e lavorativa. Non più coatti, medici nevrotici, giovani mammoni, ex compagni di scuola dai destini molto diversi, ma solo il suo entourage quotidiano.

Da una parte c’è il mondo dello spettacolo, la musica che Carlo ama e conosce nella vita reale e che nella finzione gli riserva la sorpresa più ambita, la direzione del Festival di Sanremo.

È un mondo difficile, pericoloso, popolato da vecchi cantanti invidiosi e prepotenti che lo perseguitano (Gianna Nannini, Gianni Morandi) e da giovani insicuri (Lucio Corsi), da consiglieri esperti dei segreti dell’ambiente (Roberto D’Agostino), da autori televisivi non proprio creativi, da una co-condutrice del festival non particolarmente equilibrata, da giornaliste perfide capaci di rovinargli con una battuta tutto il lavoro fatto con entusiasmo e passione. Dall’altro lato c’è la routine domestica.

Carlo Carlo ha un ex moglie saggia e affettuosa, interpretata da Monica Guerritore molto più in parte e affascinante che nella serie osé di cui si è tanto parlato, ha ha una ex moglie saggia e affettuosa, un’amante eccessiva sia nell’impegno ecologista sia in certe frequentazioni, un figlio e una figlia alle prese con i problemi delle giovani coppie che devono conciliare lavoro e vita sentimentale. A essi si aggiungono un nipotino, una colf bizzarra, una babysitter molto seduttiva per grandi e piccini che diffonde le sue armi di seduzione anche sui social, infine un nuovo vicino dal precario equilibrio mentale, ossessivo e invadente con manie di realizzazione nelle varie arti dalla musica alla pittura. Per interpretarlo al meglio ci pensa Maccio Capatonda.

La vita di e “da” Carlo passa dall’uno all’altro di questi mondi, croce e delizia, motivo di molte preoccupazioni e qualche gioia, a cui il nostro eroe non può e forse non vuole sfuggire.

Si racconta il Verdone regista con la giusta dose di iperbole caricaturale, con una gradevole rassegnazione e con parecchi momenti di autentico divertimento per lo spettatore. Insomma, questo nuovo Verdone seriale, limitato nello sguardo, ma più acuto, tutto concentrato in casa e bottega è il migliore degli ultimi dieci anni.

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