Il nome delle donne. Modelli letterari e metamorfosi storiche

Donne Giusi Baldissone Pagina 21

Da Lucrezia romana e Lucrezia Borgia a Beatrice, dalle donne scrittrici del tardo Ottocento, nascoste nei loro nom de plume, alle Muse di Montale, fino a Dacia Maraini i nomi delle donne affiorano lungo la linea incerta che separa la vita dalla letteratura, trasformando continuamente identità e funzioni.

Il caso paradigmatico è proprio quello di Lucrezia Borgia, modello cruciale nel panorama letterario e artistico del primo Cinquecento, dal momento in cui diventa duchessa di Ferrara facendo sprigionare da quella corte una serie di attività, oltre che architettoniche, pittoriche, poetiche, narrative. In quei passaggi il suo nome, divenuto più importante della sua stessa persona storica, riunisce le caratteristiche dell’antica Lucrezia romana narrata da Tito Livio: Lucrezia, moglie di Collatino, che si vantò durante una sfida con gli amici, della fedeltà inattaccabile della propria moglie (da loro verificata arrivando in casa all’improvviso), fu oltraggiata, sempre per sfida, da Sesto Tarquinio, che tornò una notte da lei per stuprarla. La donna mandò a chiamare il proprio padre e il marito, raccontò loro l’oltraggio subito e, per vendicare il proprio disonore si suicidò con un pugnale.

L’immagine pittorica e letteraria nel tempo confonde i tratti delle due Lucrezie, le riunisce in un unico personaggio. Nelle peripezie del nome, Lucrezia s’incrocia anche con Beatrice, dantesca figura di beatitudine e nello stesso tempo di tragedia, la cui morte in età giovanile è predeterminata dal volere celeste di perfezione: il Cielo non ha altro difetto che la sua mancanza. Beatrice è, del resto, il nome di una Beata Beatrice d’Este, una santa estense con la quale Lucrezia Borgia s’imparentò divenendo moglie di Alfonso d’Este.

E Laura? Laura ci rivela che la sua progressiva sparizione nelle rime del Canzoniere nasconde un problema molto serio per il Petrarca, che vuole negare di aver letto Dante Alighieri, di conoscerlo perfino. Nel secolo petrarchista per eccellenza, il Cinquecento, Vittoria Colonna, musa di Pietro Bembo, compone rime più dantesche che petrarchiste, affidando alla poesia il messaggio profondo del cuore, che trasforma l’amato, Francesco Ferrante D’Avalos, in una sorta di divinità.

Tante metamorfosi si celano dietro i nomi delle donne, dalle origini della poesia in volgare fino al Futurismo, in cui Filippo Tommaso Marinetti, appassionato di Dante, scrive una sorta di Vita nova e poi di Commedia solo per amore di Benedetta: Benedetta Cappa, amatissima moglie giovinetta a cui in segreto fa trovare per casa poesie d’amore, in francese, di stile un po’ tradizionale per uno che aveva inventato les mots en liberté!

 

Leggi anche:
Benedetta, icona mistico-amorosa
Vittoria, la poetessa
Lucrezia, il nome liberato
Laura, l’eco del poeta
Beatrice, la donna stilnovista


A questo tema Giusi Baldissone ha dedicato due libri, Il nome delle donne. Modelli letterari e metamorfosi storiche tra Lucrezia, Beatrice e le Muse di Montale (Franco Angeli, Milano 2005) e Nomi femminili e destini letterari (Franco Angeli, Milano 2008).

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