L’elezione di Gaetano Manfredi è una buona notizia per i napoletani e, più in generale, per gli italiani. Il nuovo sindaco è un uomo mite dalle idee forti. Ha il coraggio e l’ambizione di mettersi all’opera per ricostruire una rete di relazioni adeguate al rango e alla storia dell’antica capitale del Sud. L’immagine di Napoli in questi ultimi dieci anni è stata deformata da una forma di masaniellismo cinico e inconcludente la cui maschera grottesca si identifica con Luigi De Magistris, l’ex pm rifugiatosi in Calabria dove non è riuscito a ottenere neppure il seggio in consiglio regionale.
Manfredi è l’opposto dell’ex sindaco che ha scassato Napoli. Tanto barricadiero e parolaio Giggino, quanto taciturno e concreto Gaetano. È una svolta non solo politica ma – se è consentito azzardarlo – persino antropologica.
Il neo-sindaco, si sa, proviene dal mondo accademico. È portatore di una visione antica e moderna al tempo stesso; sa infatti che l’anima profonda della città è la sua cultura. Millenaria, popolare e aristocratica in una fusione di generi e di linguaggi al punto tale da non distinguere più ciò che in altri luoghi viene catalogato come cultura alta o come cultura bassa. È tutto dentro lo stesso fantastico contenitore. In campagna elettorale Manfredi ha parlato di Napoli come di una città post-moderna nella quale la tradizione si fonde con la contemporaneità. Così insieme a San Gregorio Armeno, la famosa strada dei presepi e dei pastori natalizi, ecco delinearsi Napoliwood, un set cinematografico a cielo aperto grazie al quale i film made in Partenope incantano critica e pubblico, mentre la produzione di fiction tv è fiorita anche nell’era della pandemia. Secondo il ministro della cultura Dario Franceschini l’ultimo intenso film del premio Oscar Paolo Sorrentino, È stata la mano di Dio, è destinato a suscitare negli spettatori, sia a livello nazionale che internazionale, un’incontenibile voglia di visitare Napoli.
Dunque una massa di turisti curiosi ed esigenti si riverserà in una città che non può farsi trovare impreparata. Pulizia e manutenzione delle strade, traffico, sicurezza, servizi, una sfida enorme per un Municipio con i conti dissestati: ammonta a quasi 4 miliardi il debito finora accertato.
Dici Napoli e ti si dispiega davanti agli occhi un insuperabile Pantheon artistico. Manfredi ha la consapevolezza che questa identità così radicata può sottrarsi al macchiettismo localistico solo se è dentro un orizzonte internazionale, così come è sempre accaduto nella storia di Napoli dall’epoca angioina fino al nostro ’900. Capitale europea in dialogo costante con le altre vere capitali del mondo.
Il destino di una città si fonda, anche, sulle suggestioni. Personalmente ne immagino una che potrebbe prendere questo nome: Vesuvio valley. La nostra California. Ne ho già scritto e parlato in altre occasioni. Mi piace riproporla poiché la vittoria di Manfredi fa sperare che con la cultura e l’innovazione tecnologica si creino finalmente le condizioni per creare lavoro qualificato. Il cinema il suo lo sta facendo. Alla grande. È qui, nella Vesuvio valley, il futuro della tradizione. Il sindaco di Napoli, infatti è anche il sindaco della città metropolitana, la vecchia Provincia. Tra i Campi Flegrei, Capodimonte, gli scavi di Ercolano, Pompei, Stabia si possono, si devono creare le condizioni per attirare all’ombra del vulcano il nuovo ingegnere umanistico. E farlo restare a lavorare stabilmente, in una competizione globale. Nel ricco caleidoscopio di idee offerte al neo-sindaco, è inevitabile che chi vive in riva al mare sia abituato a scrutare l’orizzonte per immaginare ciò che può accadere. Non sembri perciò una contraddizione il binomio tra cultura e intelligenza artificiale. Algoritmi e creatività napoletana. Tutto si tiene. Se dunque Napoli affascina già così come è ora, occorre uno sforzo collettivo per delineare che cosa potrebbe essere la Vesuvio valley senza la monnezza, le strade dissestate, i servizi comunali scadenti, le criticità che i cittadini partenopei sono stati costretti ad affrontare in questi anni difficili: nell’arco del golfo più bello che abbiamo mi piace intravedere una California immaginaria e fantastica.