Il tempo della pace

Siamo in guerra e non ce ne siamo accorti, non ce ne accorgiamo. Forse perché pensiamo che essere in guerra significhi veder morire prevalentemente connazionali, militari e civili, forse perché non riconosciamo più la guerra in un mondo in cui ci sono troppe guerre o forse perché non la vediamo da vicino da troppo tempo.

E siamo in guerra, una guerra interminabile con tanti focolai sparsi per il mondo, perché si è rotto l’equilibrio che ha garantito una pace stabile dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi.

Chi e cosa hanno rotto questo equilibrio?

Il ruolo che assumono oggi gli Stati Uniti d’America, e questo indipendentemente se governati dai democratici o dai repubblicani, è una delle ragioni più importanti insieme al ruolo crescente e diverso che assumo nel tempo, rispettivamente, la Cina e la Russia.

Tra le guerre in atto in questo momento due, tra queste, cristallizzano e spiegano più di altre la situazione, l’Ucraina e il conflitto israelo-palestinese. Una guerra che si sta svolgendo in Europa e un’altra poco distante.

Mentre tutto cambia, gli USA, la Cina, la Russia (che è cambiata più volte dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi), l’Europa è immobile e bloccata nella sua configurazione a 27 e tra veti incrociati, difficoltà oggettive di scelta, è incapace di essere uno degli attori determinanti del nuovo scenario mondiale. Anzi, il suo perenne non decidere rischia di isolare ancor di più la Russia dai Paesi europei e alimentare un focolaio perenne di possibili conflitti.

Il sette ottobre ha creato un nuovo è più cruento conflitto tra Palestina e Israele che ha generato una risposta militare, com’era ovvio attendersi, che si sta rivelando come una delle catastrofi generata dagli uomini tra le peggiori di sempre. La risposta di Israele è tanto cruenta quando devastante non solo per il popolo palestinese ma per il futuro stesso di Israele che sembra combattere, senza rendersene conto, una guerra contro sé stessa. L’atteggiamento degli USA nei suoi confronti ne è la controprova, Israele e il governo di Benjamin Netanyahu si autocondannano ad un isolamento politico che può essere esiziale.

Chi governa il mondo? Chi lo governerà?

Forse la globalizzazione, ovvero una interconnessione tra realtà locali, che con condizionamenti reciproci indirizza la nostra vita.

La lunga e infinita crisi, economica, sociale, politica e culturale non contribuisce a rendere più chiara ed intellegibile la situazione, né a migliorare le condizioni materiali di vita dei contesti in cui arde il fuoco del conflitto e della guerra.

Dovremmo, tutti, interrogare le nostre coscienze e imparare dalla storia, ma non lo facciamo.

Dovremmo, alla stregua di un archeologo, scavare e cercare il tempo prima dell’odio per provare a costruire un tempo senza odio. Il tempo della pace.


Il disegno che accompagna l’articolo è di Marilena Nardi

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