La freccia nera: antica armonia

Mario Orsini

In una delle tante fasi di pausa di questa quarantena mi aggiravo senza una meta precisa tra i mille titoli simil figurine Panini delle piattaforme di streaming in cerca di qualcosa di nuovo e alla fine casualmente mi sono imbattuto nello sceneggiato La freccia nera su Rai Play. Ne sono stato attratto. Mi ha ricordato l’infanzia. Non proprio una prima visione a dire il vero. L’ho rivisto.

Mi ha mosso la grande curiosità di capire se quello che avrei visto coincideva ancora con quello che ricordavo considerato che allora si trattò di un’esperienza simile a quella attuale vissuta con il Trono di Spade. Lo sceneggiato ha meritato un ragionamento con l’avvertenza di evitare il più possibile passatismi e nostalgie.

Robert Louis Stevenson autore dell’opera letteraria da cui è tratta la riduzione tv è passato alla storia della letteratura per ben altre opere come L’isola del tesoro o Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde. Non considerava questa opera particolarmente interessante a confronto con le altre e soprattutto non divenne famoso per essa. Sulla carta non c’erano evidenze che facevano presagire un successo per un opera così lontana dalla sensibilità italiana.

La freccia nera andò in onda sull’unico canale nazionale di allora tra il dicembre 1968 e i primi di febbraio del 1969. Le puntate erano sette e il successo fu clamoroso. Si viveva l’età dell’innocenza mediatica e tutti i programmi che avevano la ribalta tv potevano diventare un cult ma certamente La freccia nera rimase più che mai nei cuori degli italiani e in particolare dei bambini di allora. Se ci fosse stato un legame commerciale tra la tv e il mondo del consumo, come accade oggi, avremmo visto il Carnevale del 1969 pieno di armature medioevali per bambini.

Come mai uno sceneggiato Tv di oltre 50 anni fa come La freccia nera è rimasto così a lungo nell’immaginario collettivo? Perché rivedendolo seppure con tutti i limiti tecnici ed editoriali resta un prodotto fruibile che lo colloca nella storia della tv italiana?

L’ambientazione è medioevale, in particolare, si riferisce alla guerra dinastica nel XV secolo che è passata ai posteri come La guerra delle due rose. Un po’come se la BBC avesse avuto successo con una serie sull’occupazione spagnola di Milano tratta da I promessi sposi.

Nell’Inghilterra della seconda metà del ’400 si combatte per la successione al trono e il protagonista, Dick Shelton, un giovane già orfano da bambino, allevato da un tutore, Sir Daniel Brackley, Signore di Tunstall ha l’incarico di recarsi da un vecchio commilitone del padre tal Nick Appleyard per informarlo che deve tornare al castello per comandare la guardia in assenza del suo tutore impegnato in battaglia. Mentre stanno parlando il vecchio Appleyard viene trafitto da una freccia nera e muore. La storia prende una piega drammatica. Nello stesso tempo sul portone della chiesa della contea viene trovata affissa una filastrocca inquietante che accusa Sir Brackley, il parroco di Tunstall, un suo sodale Bennet Hatch e un altro nobile, Sir Oliver, di aver ucciso il padre del giovane Shelton.

Sembra una vendetta per punire un complotto, ma ad opera di chi?

Qui compaiono le frecce nere un gruppo di uomini e donne che vivono nella foresta che vogliono la giustizia trionfante nella loro contea smascherando le trame fatte alle spalle del giovane Dick ignaro di tutto. Il racconto si sviluppa dopo questo antefatto secondo la regola aurea dei buoni e dei cattivi ed è affascinante immergersi in quest’avventura dai sentimenti nitidi senza ombre.

La storia prosegue con un ritmo incessante tra agguati e fughe con il protagonista, il giovane Dick Shelton, sempre aiutato dalle frecce nere. Contemporaneamente nasce e si sviluppa la storia d’amore tra Dick e la giovane Joan Sedley ostacolata dal perfido Sir Brackley che tenta in ogni modo di darla in moglie ad un nobile di sua fiducia.

C’è spazio anche per il Duca di Gloucester (Riccardo III nella realtà) che appare alla fine dello sceneggiato con un volto perfido e una gobba cupissima, interpretato da un giovane Adalberto Maria Merli, veramente inquietante. L’amore e la giustizia trionferanno ed il cattivo Sir Daniel Brackley morirà.

Il prodotto si presenta, ancor oggi, dopo oltre 50 anni dotato di giuste atmosfere, le musiche sono perfette e la sigla ha una componente epica, d’avventura in grado di reggere l’urto del tempo e di invogliare alla visione. Emerge la forza della scrittura di origine letteraria che avvolge i personaggi definiti con precisione anche se pesa ovviamente l’effetto estraniante dell’origine teatrale della messa in scena e della recitazione.

Lo spirito d’avventura della scrittura è reso da un insieme corale di prove attoriali e i costumi sono straordinari anche in una tv bianco e nero. Gli attori entrano e escono dalle inquadrature come se fossero sul palco e recitano soprattutto con un piglio declamatorio tipico di un altro mondo di riferimento. La costruzione della storia è classica come struttura e tipologia del racconto d’avventura, non ci sono le inquietudini, le doppiezze, le pieghe infinite con cui siamo abituati a confrontarci nelle serie televisive di oggi. Non ci sono le trasformazioni di carattere dei personaggi né i colpi di scena né le battaglie campali che un romanzo d’avventura avrebbe in dote al giorno d’oggi.

Nonostante ciò questo sceneggiato, a prima vista datatissimo, se confrontato con ciò che quell’epoca offriva diventa moderno nelle intenzioni e nei toni riuscendo a sopperire abilmente alle sue mancanze per l’impronta teatrale. Ed è proprio questo spirito antico unito al desiderio di offrire cultura anche quando si fa avventura che rende La freccia nera un eredità costitutiva del servizio pubblico televisivo italiano che risponde alle due domande che ci siamo posti.

Fare cultura senza paura, questo testimonia La freccia nera che stabilisce fin dalla sigla un patto chiaro con gli utenti palese ancora oggi. Restare credibili anche quando il tempo e l’evoluzione ti consegnano alla storia per sempre ed esprimere un sentimento epico che è rimasto intatto. Uno spirito nobile, solo apparentemente elitario, che dovrebbe essere modello e guida per il futuro delle generazioni televisive italiane digitali.

Leggi anche

Are you sure want to unlock this post?
Unlock left : 0
Are you sure want to cancel subscription?
-
00:00
00:00
Update Required Flash plugin
-
00:00
00:00