Il personaggio di Jep Gambardella ne La Grande Bellezza dice, presentando se stesso: «Quando sono arrivato a Roma, a 26 anni, sono precipitato abbastanza presto, quasi senza rendermene conto, in quello che si potrebbe definire…».
Sognavamo questa rivoluzione immaginando una killer application o di prodotto o di tecnologia, si diceva, allora, per spiegare l’inspiegabile. Molti ne parlavano e non la capivano altri come sempre nelle evoluzioni così radicali proteggevano i loro orti duramente conquistati come giapponesi nella giungla, altri si sono arresi prima di vederne i frutti. Tutti non sapevano come sarebbe finita ma deceduti sotto i colpi di migliaia di slides. Il mondo ha lavorato incessantemente per vedere realizzato questo nuovo ecosistema mediatico che oggi è intorno a noi e sarà più facile vedere dove sono iniziate le cose che vederne la fine.
Siamo nel pieno di una rivoluzione di mezzi e meccanismi di consumo che silenziosamente hanno modificato il modo in cui vediamo il mondo, il modo in cui ci rappresenta, il modo in cui la Tv entra nella nostra quotidianità. Non c’è stato un delitto, una morte violenta della vecchia tv, una guerra dinastica per la supremazia tra mezzi di comunicazione alla conquista dei cuori dei consumatori. C’è stata, al contrario, una trasformazione velocissima preparata nello scorso decennio e realizzata in questo in cui media, informatica e telecomunicazioni che si sono contaminate definitivamente diventando il mondo digitale che siamo oggi.
Cominciò la musica negli anni novanta poi fu il tempo del satellite, guai a non avere una parabola eri out, oggi è il tempo dello streaming e se non hai una app di una piattaforma sullo smartphone sei come un fan di Claudio Villa di fronte ai fan dei Måneskin. Nuovi modelli di business, nuove modalità di consumo, abitudini radicate completamente cambiate ma la Tv sia come elettrodomestico sia come totem mediatico resta al centro del villaggio.
Twitter, Amazon prime video, Netflix, Apple Tv, Facebook, Amazon, Sky, DAZN, Tim Vision, Chili, sono le ballerine di un carillon che al mattino troviamo caricati su Pc, smartphone, Smart Tv e ci girano intorno in circolo fissate plasticamente come ballerine nel loro sforzo massimo e girano in tondo cercando di essere scelte. É la coriandolizzazione della nostra dieta mediatica non è la fine della tv. Essa è rimasta al centro nel salotto di casa e se mai con l’avvento degli altri strumenti se ne è ridotto il numero in casa aumentandone la dimensione. Questo mutamento ecologico porta con sé cambiamenti di senso delle parole, oggi proviamo sentimenti di distacco dalla nostra comunità di destino per ragioni di semantica comunicativa, e come sappiamo, la politica categoria di base dell’umana commedia per la prima volta corre dietro queste trasformazioni.
Mai come oggi abbiamo problemi a capire dov’è la verità delle cose che ci accadono come individui o come membri di comunità mai come oggi siamo lontani da un progetto di coesistenza costruttiva. Le società scricchiolano ma i programmi tv sono sempre più belli e numerosi che mai. La tv cambia per rimanere se stessa.
Una novità politica della Tv è stata quella di piegarsi alle trasformazioni inglobandole. La tv tradizionale ad appuntamento fisso e contemporaneamente quella NVOD che ti fa vedere quello che vuoi tutto insieme quando vuoi. Non è più una tv per tutti ma tante tv per ciascuno ed ormai i programmi si rivolgono a comunità e gruppi sociale specifici non più a settori ampi della società. E si paga anche molto. E questa è l’altra grande novità politica, la fine del concetto di tv gratuita. L’opinione pubblica italiana ed europea hanno accettato di pagare, di abbonarsi, per vedere.
Alcune grandi mediazioni trasformative, però, ci sono.
Sopra i 60 anni la tv è tradizionale quella di una volta con fedeltà alla rete e poi ai programmi resiste ma svolge un ruolo comprimario da cui esce solo in caso di grandi eventi poche volte all’anno.
Sotto i 30 anni è solo ricerca del singolo contenuto video indipendente dal device o dalla rete.
In mezzo si gioca la battaglia.
La frattura generazionale tra nuova e vecchia tv è anche una frattura di abitudini rispetto al prodotto.
Netflix per le serie tv e le docuserie, Sky per lo sport ma ora non basta ci vuole pure Dazn, la Rai per trovare i buoni sentimenti, Mediaset per il gossip e il trash e così via.
Oggi convivono nel mercato la tv generalista lineare classica, la pay tv lineare ma costosa e questi nuovi che si chiamano OTT (Over the top) tipo Netflix. Si passa dal digitale terrestre al satellite allo streaming come se niente fosse ma il divano resta ancora un grande alleato della tv.
Gli ultimi dati americani (fonte: Freewheel report 2018) dicono che nel 2014 i contenuti digitali si fruivano per il 75% su Pc per il 15% sugli smartphone e per il restante 10% sui tablet.
Oggi i tablet sono all’8%, gli smartphone al 20%, i pc al 14% e lo schermo tv la 58% per l’avvento della smart tv. Ad onor del vero la grande novità in questo Impero del Male generato dalla deflagrazione di ben 3 industrie è la serie tv.
Esse, oggi, spiegano il mondo e raccontano i problemi che covano sotto il rumore quotidiano delle news, sono in grado di approfondire temi umani e materiali. Sono diventate icona identitaria del paese che le produce, fanno asset e industria. Sono perfette ed infatti nel mondo ogni anno si producono qualcosa come circa 450 titoli nuovi.
La mole d’investimento messa in campo da aziende come Netflix e le sue nuove concorrenti Disney o Apple sono talmente rilevanti che ormai qualità e quantità viaggiano di pari passo come mai prima.
É l’unico contenuto che ha dato dignità e risalto alla portata di cambiamento del contesto di fruizione.
Nei prossimi anni, entro il 2021/22, pioveranno a livello globale sul terreno dei contenuti una tale quantità di soldi da far impallidire e dimostrando ancora una volta che i contenuti proprietari sono il centro di tutto.
Come nel Trono di Spade l’inverno è arrivato e la grande battaglia per agli abbonati sta per cominciare, Netflix dovrà combattere perché sarà assediata ma il divano e la tv sullo sfondo stanno benissimo ed il carillon suonerà ancora per molto.