L’Europa e i Balcani: il senso della storia e i fatti di cronaca

Nel complesso rapporto tra l’Unione Europea e le nazioni balcaniche (Balcani Occidentali), anche l’agenda per il periodo 2019-2024, ripete l’astruso linguaggio e la stessa sottolineatura – «principale partner politico ed economico». C’era la speranza che l’attuale élite intellettuale non riprendesse tali espressioni così lontane dalla realtà.

L’Europa, paladina del multilateralismo, i Balcani popoli di cultura.

Sull’unicità dei tesori dei Balcani il mondo culturale è concorde e la risonanza è di grande impatto, non inatteso, seppur sconosciuto, non se si consulta il sito dell’Unesco dove si scopre che molti dei beni considerati patrimonio dell’umanità si trovano nei Balcani. Nel mio breve saggio di qualche anno fa, dal titolo Per una civiltà europea, avevo scritto che si doveva provvedere a togliere le sanzioni ed eliminare l’isolamento degli stati più poveri, sempre se la nostra idea di Europa vuole essere il centro del mondo e se l’Europa pretende di essere modello di civiltà e tutto questo poteva avvenire issando la bandiera della cultura. Lo penso ancora.

 Ma prima di parlare dell’Europa culturale cosmopolita, sarà opportuno fare un chiarimento linguistico che spiega la differenza nell’uso del termine Balkan, al singolare nelle terre dei nativi, Balcani, al plurale in italiano. Nel primo caso il termine che indica l’unità, fa riferimento ai fatti storici e all’esperienza spirituale comune, nel secondo la molteplicità che stigmatizza la terra divisa.

Quanto poi alla definizione del termine Balkan (dal turco montagna), occorre aggiungere che si riferisce alla catena dei monti che i popoli slavi in tempi remoti chiamavano Stara Planina e che oggi ha un’accezione più vasta, si estende oltre la catena montuosa.

Nel V sec. le popolazioni indoeuropee si sono insediate nei territori balcanici dell’impero, menzionati già nel VI sec., con il termine Sclavenoi, da Procopio di Cesarea.

Per capire i Balcani, terra di miti pagani e miti cristiani in cui lo spazio culturale ha creato una propria immagine del mondo, è necessario inoltrarsi nel medioevo quando si afferma l’unità politica e culturale di quelle terre che nelle periodiche attenzioni ai Balcani, per lo più racconti di viaggi, nonché brevi articoli di cronaca, vengono ignorate del tutto.

Recentemente, durante il viaggio di Papa Francesco in Ungheria e in Slovacchia, si è parlato anche di San Cirillo, apostolo e padre dell’alfabeto glagolitico, rimasto in uso fino al XVII sec. sulla costa dalmata che, nel suo viaggio in Crimea, trova le reliquie di San Clemente e le porta a Roma. È significativo il fatto che Papa Adriano II gli diede la possibilità di dire la messa in paleoslavo – è l’anno 863 -, e quando muore nell’869, San Cirillo viene sepolto nella chiesa di San Clemente a Roma.

Nel Medioevo nacquero i fondamenti di un sistema politico-culturale che, a conti fatti, è stato positivo per gran parte del mondo. Per tutto il Medioevo la parola Europa scompare ed è sostituita dalla coincidente Christianitas o Respublica Christiana.

Il popolo balcanico considera il pensiero europeo inscindibile dal proprio, perché l’Europa è la sintesi dell’eredità romano-cristiana, islamica, germanica, greco-bizantinea ed ebraica. Ed è proprio questa eredità a connotare i Balcani sospesi tra nazioni, lingue, religioni, etnie diverse.

Ce lo conferma la storia dei Balcani del xx secolo; le guerre degli anni Novanta 1992-1995, le migrazioni che si sono protratte dal 1991 al 1999 e che, in quelle terre violate, hanno tracciato un percorso che ancora continua, sulla rotta balcanica per altre popolazioni in fuga.

C’è persino chi presume ci sia, come afferma lo storico George Prevelakis, un «destino che li perseguita». Un’espressione di pura fantasia che spiega, invece l’uso odierno del termine balcanico,  dal significato – caotico, violento, in sostituzione del termine bizantino, dal significato – sottile, cavilloso e che, in sostanza, accentua le caratteristiche  simili dei due popoli balcanici.

Tutta la problematica relativa all’arretratezza delle terre balcaniche è abnorme; l’Impero bizantino è durato otto secoli; i Balcani sono stati occupati dai turchi per quasi cinque secoli e nonostante la sorte di essere state terre di conquista, i fatti storici che riguardano i Balcani nel corso dei secoli dimostrano che i suoi popoli hanno saputo difendere la propria cultura, conservando la propria lingua piuttosto che acquisire quella del conquistatore di turno.

Lo dimostrano gli stessi miti che ogni singolo popolo balcanico ha tramandato in forma differente, come quello del sacrificio di fondazione – canone poetico tra i più conosciuti, presente nei romanzi del Premio Nobel Ivo Andrić jugoslavo, di Petko Todorov bulgaro, di Nicolae Jorga romeno, di Ismail Kadare albanese e di Aris Fakinos greco.

 La storia europea del xx secolo è permeata dalle influenze balcaniche, dalla Prima guerra mondiale alla Seconda guerra mondiale e fino alla crisi jugoslava, tema ancora da approfondire. Chi si prende questa responsabilità storica e civile in una società come la nostra condizionata dalla conoscenza virtuale e poco propensa ad indagare la storia del nostro tempo?

C’è il rischio che, in una società in crisi senza più megafoni nelle piazze, si possa confondere il senso della storia con i fatti della cronaca. Errore che porterebbe alla sostituzione delle dittature ideologiche con quelle dei probabilisti-maybisti, degli indecisi e dei portatori di nuovi salvatori, patriarchi, priori, sovrani.

È un’opportunità contemplare l’Europa dalla parte balcanica riconoscendosi europei.

Non c’è dubbio che la situazione dei Balcani in Europa risente dello sconvolgente appiattimento in cui siamo immersi e che coinvolge anche la cultura che sappiamo, invece, essere incancellabile perché l’umanità è ricordo che si tramanda. Anche quando le guerre e le migrazioni hanno allontanato i Balcani dall’Europa, la cultura non di meno, s’è tramandata.

La domanda cruciale è ancora questa: l’Europa degli stati nazionali lascerà lo spazio ad una Europa della comunità sopranazionale e quali ripercussioni ciò avrà nelle relazioni tra la UE e i Balcani, nelle relazioni politiche, economiche e di difesa.

Di qualsiasi Europa si tratti e qualunque siano le strategie e le dinamiche che metterà in atto nel prossimo futuro, i Balcani – Balkan si sentiranno europei perché parte integrante della storia e della cultura europea.


Letture
Egidio Ivetić, I Balcani dopo i Balcani. Eredità e identità, Salerno Editrice, 2015
Predrag Matvejević, Il Mediterraneo e L’Europa, Garzanti, 1998
George Prevelakis, I Balcani, Il Mulino, 1997

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