Lo sguardo. Quello sguardo fiero e concentrato nella tensione della sfida. Milioni di turisti in vacanza a Firenze lo ammirano, fotografano, desiderano. È un capolavoro assoluto della scultura il David di Michelangelo, la cui copia tardo-ottocentesca fa bella mostra di sé in piazza della Signoria. Negli occhi dell’eroe biblico si nasconde un segreto, invisibile alle masse. Le pupille furono modellate a forma di cuore da Michelangelo. Simbolo di un messaggio di speranza. La forza e l’abilità, certo, per sconfiggere Golia. Ma l’amore innanzitutto, perché senza non c’è vita.
Alle masse di turisti in gita nella capitale del Rinascimento italiano questo magico dettaglio sfugge. È alta più di quattro metri la statua, a cui va aggiunto il massiccio basamento. Gli occhi sono invisibili. Ma a quasi 4.500 chilometri più a sud, a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, qualsiasi visitatore può affrontare occhi negli occhi l’invincibile David. E coglierne lo sguardo amorevole. Si tratta infatti dell’attrazione principale del Padiglione Italia all’allestito all’interno del perimetro dell’Expo 2020 (anche questa manifestazione è iniziata con un anno di ritardo come gli Europei di calcio e le Olimpiadi di Tokyo).
Per l’occasione il capolavoro michelangiolesco è stato ricostruito in resina con una stampante 3D e poi ricoperto con polvere di marmo. Perfetto nelle sue forme. Ci giri intorno dai piedi fino alla testa per scoprirne il mistero. «La bellezza unisce le persone» è l’efficace claim adottato dal nostro Paese per questa esposizione universale.
C’è sempre la fila per accedere al Padiglione Italia, a tutte le ore, sia sotto il sole cocente del caldo inverno arabo sia nella brezza refrigerante della sera. In prevalenza non italiani, tante ragazze e ragazzi arabi perché lo stile di vita italiano alimenta il desiderio. Il più grande tricolore finora mai ideato sovrasta la struttura, dipinto sulla chiglia di tre imbarcazioni: il mare unisce, è il messaggio, anche se nella realtà in mare si consumano sempre più spesso tragedie umanitarie. Le corde, il sartiame per governare le imbarcazioni è in materiale ecologico, prodotto da un’azienda meridionale, di Salerno. Mentre con la posa di caffè e con le bucce di arancia sono stati costruiti pavimenti e muretti; il Made in Italy fa tendenza anche quando si tratta di affrontare le sfide della sostenibilità.
L’Italia, infatti, è collocata nell’area dedicata allo sviluppo sostenibile. Persino il bancone del caffè – altro angolo italianissimo dove mettersi in fila – è alimentato da acqua calda prodotta da una gigantesca macchinetta riscaldata con l’energia solare.
Paolo Glisenti, il commissario alla guida della missione italiana negli Emirati, riceve ministri e plenipotenziari, mente il padiglione si anima di personaggi noti al grande pubblico internazionale: il premio Oscar Nicola Piovani, un’effervescente Marisa Laurito che si offre gentile ai selfie degli italiani meravigliati di incontrarla lì, i campioni olimpionici con le loro medaglie scintillanti, un sornione Romano Prodi all’estero più a suo agio che in patria.
E poi in vetrina il meglio delle produzioni nazionali. Noi che ci siamo nati e viviamo tra criticità quotidiane e problemi mai risolti, tendiamo a dare per scontato ciò che abbiamo sempre sotto gli occhi. Ma l’Italia fuori dall’Italia esercita un’attrazione fatale.
E fa uno strano effetto, misto di orgoglio e meraviglia, constatarlo in questa terra esotica, stratta tra il deserto e il Golfo Persico, dove la città di Dubai appare fuori misura, esagerata in tutto, alla ricerca continua di una primazia che la storia le ha negato. Ecco, dunque la torre più alta del mondo, la ruota panoramica più alta del mondo, l’isola artificiale più estesa del mondo, la pista di sci più insolita del mondo, la più alta concentrazione di Ferrari e di auto di lusso per metro quadro. E via elencando. Un’ansia di apparire grandi in una riproposizione da mille e una notte di un’America senza i valori dell’America.
Sono stato a Dubai nella mia veste di presidente della Fondazione CIVES – MAV, il museo archeologico virtuale di Ercolano, un ambiente digitale all’interno del quale le città sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. rivivono nel loro splendore secondo una ricostruzione filologica sostenuta dalla comunità degli archeologi vesuviani. Insieme con me altri rappresentanti delle principali istituzioni culturali della Campania. Una delegazione guidata da Rosanna Romano, direttrice generale per le politiche culturali e il turismo.
Qui la Regione Campania si è presentata con un programma che, al momento, non ha pari in Italia. Si tratta dell’ecosistema digitale per la cultura, un portale web con itinerari guidati, multimediali e 3D in cui è racchiuso l’eccezionale patrimonio materiale e immateriale, museale ed espositivo presente nella regione.
Il viaggio virtuale può rivelarsi una comoda avventura per chi è mosso dalla curiosità, non fosse altro perché in quel sistema sono custoditi un milione di pagine di libri antichi, oltre 900mila carte e documenti di archivio, materiali più recenti come foto, video, audio, dischi in vinile. E poi le ricostruzioni in 3D. E tanto tanto altro ancora.
In questo immenso ecosistema si naviga in reperti bibliografici, storico-artistici, cinematografici, spettacoli dal vivo, musica dalla lirica alla canzone popolare. Cultura alta e cultura bassa, in quel mix irraggiungibile di creatività napoletana: la sceneggiata e Pino Daniele, i capolavori di Capodimonte e Totò, le domus pompeiane e i luoghi della cultura contemporanea. Un fiore all’occhiello per il presidente della Campania Vincenzo De Luca. Ingente l’investimento, circa 30 milioni di euro.
Si tratta di una macchina del tempo a disposizione di tutti, studenti, ricercatori, archivisti, bibliotecari, artisti, imprese, semplici cittadini innamorati della propria terra e turisti in carne e ossa o potenziali. Il digitale infatti è il linguaggio contemporaneo con il quale dar vita a un nuovo umanesimo, ripartendo proprio dalle nostre radici. Ben piantate in una storia millenaria.