L’oro del volley femminile: ha vinto l’Italia multietnica

E, allora, lo ammetto: all’ultimo punto delle azzurre del volley femminile (il primo oro della storia, 3-0 senza la minima sbavatura alle statunitensi) mi sono commosso come un bambino. Perché questa vittoria rappresenta molto, e non soltanto da un punto di vista sportivo. Ha vinto, come in molte altre discipline di questi giochi, l’Italia multietnica, l’Italia che sa essere squadra, capace di poesia e bellezza, di meraviglia e stupore.

Portiamo a casa da Parigi 40 medaglie (12 d’oro, 13 d’argento, 15 di bronzo, 25 piazzamenti d’onore, quei quarti posti che mi rifiuto di chiamare «medaglie di legno»). E la vittoria nella pallavolo donne ha rappresentato il punto più alto e più bello, almeno dal mio punto di vista, di questa nostra missione.

Il match è stato uno spettacolo azzurro: gli USA, in nessun momento, hanno dato l’impressione di prendere in mano la gara. Sono state letteralmente stroncate sul piano del ritmo e della volontà. La migliore in campo, come spesso capita, Paola Egonu: perfetta nel muro, inesorabile nelle schiacciate. Ma Vannacci, secondo voi, avrà visto la partita?

E, ovviamente, non dimentichiamo il lavoro magistrale, tecnico e psicologico, di quel maestro dello sport e di vita chiamato Julio Velasco: a lui il merito di aver costruito un gruppo unito, una per tutte e tutte per una, nessuna invidia, nessuna polemica, solo amicizia autentica e il desiderio di arrivare a conquistare un traguardo che sembrava, fino a poco tempo fa, una semplice e pura utopia. Ora toccherà agli uomini del volley indossare l’oro per la prima volta.

Non poteva concludersi nel migliore dei modi, dunque, questa nostra spedizione olimpica.

Abbiamo dimostrato, a chiare lettere, di essere capaci di andare oltre il totem del calcio, questo archetipo che, poco alla volta, sta perdendo il suo fascino nei giovani: Sinner prima e dopo, in Francia, la coppia Sara Errani e Jasmine Paolini hanno potato tanti ragazzi e tanti ragazzi a dedicarsi al tennis; adesso la pallavolo, vedrete, tornerà a farsi largo nelle scuole e nelle palestre. Per non parlare dell’atletica leggera, anche se sono mancati i mitici ori di Tokyo: ma un’atleta come Nadia Battocletti, quarta nei 5000 metri e argento nel 10000, ha palesato tutto il suo talento, la sua stoica capacità di soffrire con leggerezza, di lottare senza timori o tremori.

E vogliamo parlare del capitano Gimbo Tamberi? Si è presentato in pedana del salto in alto dopo l’ennesima colica, dopo aver vomitato sangue, dopo un ricovero in ospedale. Eppure, ha voluto esserci: non per fare show, come qualcuno ha scritto, ma per dimostrare che l’uomo può essere ferito, ma non vinto. E poi gli altri sport, le altre conquiste, siamo tra le migliori nazioni del pianeta, almeno nello sport.

Sono stati giorni intensi e indimenticabili, proprio come a Tokyo. L’arrivederci è a Los Angeles tra quattro anni: per altri orizzonti da colorare di azzurro.

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