Matteo Zuppi: Il nazionalismo ha orrore del dialogo

Lectorinfabula ha aperto una nuova pista di ricerca. I Dialoghi su etica e religione.

Perché la realtà attuale nel suo incrociarsi di crisi – economica, energetica, alimentare, energetica – ripropone prepotentemente la questione del senso dell’esistenza, della direzione dello sviluppo o del non/sviluppo, della qualità del vivere comune.
Etica e religione sono sfidate a misurarsi con problemi drammatici e di violento mutamento in una stagione che papa Francesco ha definito «non un’epoca di cambiamento ma un cambio d’epoca». Un capitolo completamente nuovo della società globalizzata, mentre tutto è acuito dalle vicende della guerra in Ucraina e dalle scosse planetarie che provoca.

I Dialoghi si sono aperti con una Lectio magistralis su Costruire la pace, nel Mediterraneo e nel mondo, tenuta a Bari il 10 giugno dal cardinale Matteo Zuppi, appena nominato presidente della conferenza episcopale italiana. Zuppi ha spesso citato don Tonino Bello e la sua esortazione a saper leggere il presente e saper scegliere. È in questo sguardo critico e nell’impegno alla responsabilità che pensiero filosofico laico e pensiero religioso si incrociano. Serve – ha detto Zuppi – uno sguardo bifocale: guardare in basso, per vedere dove uno sta, e guardare in alto per scorgere l’orizzonte.

Guai ad «abituarsi alla guerra», che Francesco bolla come una follia, guai ad abituarsi a «vedere nell’altro il Nemico invece che il Fratello». In questo senso ogni guerra è un fratricidio. Unica via d’uscita rimane il dialogo. «Il nazionalismo ha orrore del dialogo», ha sottolineato il cardinale. Il dialogo, ha soggiunto, non è irenismo ma realismo.

Per paradossale che appaia, si potrebbe notare che un vecchio realista come Henry Kissinger è oggi più vicino alla posizione del Vaticano e al sentimento popolare di quanto lo siano gli apprendisti stregoni che puntano soltanto all’escalation militare. Sarebbe un terribile errore se ci si avvitasse nella spirale senza fine delle ostilità. «L’odio è tossico», ha rammentato il neo presidente della Cei.

L’osservatore geopolitico può osservare in proposito che nelle stanze del potere vero – i servizi segreti ad esempio – si è cominciato a ragionare sui costi insopportabili del conflitto. Dove poi c’è da non dimenticar mai che altre guerre stanno insanguinando il globo e non ci possono essere morti (né fuggiaschi e migranti) di prima e di seconda categoria.
I Dialoghi su etica e religione intendono spaziare ad ampio raggio. L’avvio (con Piero Ignazi, Mauro Magatti, Onofrio Romano, Maddalena Tulanti, Vito Bianchi, Emmanuel Albano, Izzedin Elzir, Anna Foa) ha approfondito i temi del rapporto tra fede e politica, la storia delle interazioni culturali ed etniche del Mediterraneo, l’importanza del documento su fratellanza, pace e convivenza, firmato ad Abu Dhabi da papa Francesco e dal grande imam di Al-Azhar, Al Tayyeb.

Ma ogni approccio rimanda – come deve essere – a questioni aperte o a nuove problematiche via via esplose. La politica deve fare i conti con un discredito generalizzato dei partiti ed un astensionismo di massa, che investe un paese dopo l’altro. La religione è assediata dal fondamentalismo, che riduce la fede a strumento calpestandone i valori essenziali. Entrambe, religione e politica, sono costrette a confrontarsi con l’allontanamento delle nuove generazioni, che non votano e non frequentano i luoghi di culto.

La guerra in Ucraina, poi, con le stragi e le distruzioni causate dall’invasione russa, ha scosso i rapporti ecumenici e ha terremotato le relazioni all’interno della stessa comunità ortodossa che faceva riferimento al patriarcato di Mosca.

Sono inquiete e tempestose le onde del mare internazionale. Eppure non è inutile la riflessione emersa durante il biennio della pandemia. Non ci si salva da soli.
Nell’era della globalizzazione l’umanità progredisce se tiene presente di stare sulla stessa barca.


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