Il personaggio e il nome di Mendel in Se non ora, quando? disegnano la figura più compiuta nel cui nome Primo Levi si sia riconosciuto. Mendel è il giusto oppresso dall’ingiustizia, Giobbe; ma è anche Giacobbe, debole e astuto contro il robusto e sciocco Esaù, nelle cui storie, narrate da Thomas Mann, si parla «di persone che non seppero sempre precisamente chi esse fossero», e che hanno un modo diverso dal nostro di dire «io»;
Mendel non crede nel Signore ma acquista una funzione sacrale sposando Isidor con Rokhele Bianca, è l’uomo che tutti ritengono un giusto, un equilibratore, pur avendo dovuto compiere scelte tragiche, pur avendo rubato la donna all’amico. Mendel è quello che alla fine non va in Palestina ma rimane a Milano e sancisce il doppio finale di Se non ora, quando?, con la vita che rinasce e la morte sempre in agguato, indicando sul giornale la notizia della bomba di Hiroshima.
Mendel è, nello snodarsi delle vicende lungo la carta geografica d’Europa, colui che si lega con gli altri riuscendo a compiere scelte, progettare, accettare di uscire dal trauma per la sparizione della moglie, unendosi a una donna, Line, che lo riporta alla normalità delle pulsioni vitali.
La riserva mentale di Mendel («non vivrei una vita insieme a Line») non è spiegata: forse ha a che fare con Leonid e il rimorso del tradimento. Leonid, l’opposto di Mendel, che non riusciva né a legare né a progettare, si era legato a Line che considerava la sua donna. Forse invece la riserva deriva dallo stato di confusione in cui tutti sono immersi dopo la fuga e i traumi subiti. Forse la prova di iniziazione in banda partigiana con l’uccisione del giovane traditore, Fedja, pesa come un macigno anche tra Mendel e Line che sa tutto. Qui l’identificazione tra Mendel e l’autore rimanda a Oro, nel Sistema periodico, a Se questo è un uomo e alle ricerche di studiosi come Carole Angier, Sergio Luzzatto, Alberto Cavaglion.
Non ci addentreremo su altri confronti fra l’autore e il suo personaggio: per ora possiamo dire che la lettura finale, tra i nomi degli elementi della scrittura di Levi, attribuirebbe a Mendel, alter ego dell’autore, il simbolo del Carbonio, l’elemento vitale che si lega con tutto. Per decidere di vivere e di scrivere Primo Levi indica anche in Se non ora, quando? un percorso di formazione che va dall’allontanamento al ritorno, da Argon a Carbonio. Saperlo non significa rinunciare all’oscillazione dell’intero Sistema, ma almeno provare per un po’ ad arrestarla.
Leonid, l’opposto di Mendel, che non riusciva né a legare né a progettare, si era legato a Line, che considerava la sua donna. Mendel e Leonid si pongono la questione: continuare a fuggire per tornare a casa o unirsi ai partigiani combattendo contro i nazisti? Levi testimonia: «È vero che partigiani ebrei hanno combattuto contro i tedeschi, quasi sempre in condizioni disperate». Mendel e Leonid sono soldati dispersi dell’Armata Rossa. Mendel, orologiaio, parla di Strelka, il suo paese scomparso: metà degli abitanti sono fuggiti nel bosco, l’altra metà, tra cui Rivke, sua moglie, è in una fossa.
Leonid arriva da Mosca, è stato in prigione a sedici anni per aver rubato un orologio, poi paracadutista paracadutato in mezzo ai tedeschi, che l’hanno portato nel Lager di Smolensk, da dove è fuggito. Una sera i due incontrano i partigiani russi che fanno festa sulle sponde del Dnepr: la guerra è finita, annunciano. Mendel chiede di entrare in banda al capo, che li respinge perché ebrei e armati; Leonid prorompe: «Noi ce ne andiamo, e tu dirai a quei tuoi uomini che a Varsavia, in aprile, gli ebrei armati hanno resistito ai tedeschi più a lungo dell’Armata Rossa nel ’41. E non erano neppure bene armati, e avevano fame, e combattevano in mezzo ai morti, e non avevano alleati».
I due lasciano il campo partigiano. Leonid narra che dopo la scomparsa del padre la madre l’aveva messo in orfanotrofio. Ora egli vorrebbe solo fermarsi, morire, ma il cammino prosegue verso Novoselki, dove si troveranno in una specie di repubblica delle paludi, in cui l’anziano profugo ebreo Adam accoglie rifugiati. Mendel e Leonid sono messi alla prova per un sabotaggio alle ferrovie, poi un messaggio del partigiano Gedale chiede la partecipazione degli ebrei a un’impresa contro i nazisti: muoiono in tanti, compreso Adam, ma Mendel e Leonid si salvano. La scelta di Mendel è dichiarata al partigiano Piotr: «Siamo dispersi e stanchi, ma validi; cerchiamo un gruppo che ci accolga. Vogliamo continuare la nostra guerra, che è anche la vostra».
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