Oltre la fantasia. Molto oltre.

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Tra i molti prodotti culturali che usciranno ridimensionati o del tutto archiviati da questa inattesa tragedia della pandemia, ce n’è uno di cui si parla poco. É il filone del cinema catastrofico, quello che negli ultimi anni ha portato da Hollywood su tutti i mercati una consistente serie di film che narravano di grandi calamità a cui l’umanità era chiamata a rispondere.

Se come spesso si è detto lo sguardo del cinema che racconta il futuro, pur nella dimensione della finzione, è capace di interpretare le tensioni, i pericoli, gli scenari ancora nascosti, ebbene in questo caso dobbiamo dire che negli ultimi decenni quello sguardo non ha mostrato nulla di autentico. Di fronte a quello che stiamo vivendo tutto quel cinema si rivela insignificante. Fasulle le sue narrazioni costruite sempre a partire da un nemico esterno (vecchio topos del cinema americano), da un cattivo, un impero del Male con la maiuscola a cui si oppongono degli eroi dapprima misconosciuti e poi salvifici.

Come si vede, la più grande calamità del secolo non rispecchia affatto lo schema. Anche il film che più anticipato le situazioni che si sono verificate in questi mesi, il Contagion di Soderbergh del 2001, gira a vuoto tra intrighi, doppi giochi e doppiogiochisti senza cogliere l’essenza della tragedia di cui aveva azzeccato alcuni elementi. Ma non sono solo le storie a rivelare ora la loro inconsistenza, sono soprattutto le immagini. Per anni il cinema hollywoodiano, soprattutto dopo l’avvento degli effetti speciali computerizzati, ha riempito gli schermi di immagini spettacolari di inondazioni, glaciazioni, terremoti, esplosioni, crolli, di corpi sfigurati, di folle impegnate in fughe e inseguimenti adrenalinici contro il tempo, il nemico, la morte violenta. Oggi invece dobbiamo assistere a una rappresentazione del dramma di segno completamente opposto, fatta di vuoti, di strade vuote, di corpi che scompaiono prima e dopo la loro fine. Ma le immagini della lenta fila di camion militari, che portano via, non si sa dove, le salme degli abitanti di Bergamo sterminanti dal virus, sono immagini che nel loro grigiore esprimono una potenza drammatica che nessun effetto speciale hollywoodiano ha mai saputo toccare.

A tenere vivo l’immaginario costruito dal cinema rimane solo qualche programma televisivo dove, come in certi film, si narra di nemici, di complotti, di smascheramenti, di colpi di scena. Ma si sa, quelli sono programmi che più che indagini sulla realtà sono opere di fantasia. Di molta fantasia.

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