In una stagione tv in cui le serie sono state pesantemente frenate nelle uscite dalla pandemia è apparsa una miniserie come una piccola cometa di Halley. Ha rischiarato il firmamento buio e triste vissuto in questi mesi. È Omicidio a Easttown una miniserie in 7 episodi prodotta dall’ineguagliabile produttore di storie che è HBO.
In Italia è andata in onda tra il 9 e il 30 giugno scorsi su Sky Atlantic ed è di fatto un, meraviglioso, lungo film.
Nel suo titolo originale è Mare (Marianne) of Easttown.
Con il senno del visto si capisce il senso del titolo che nella traduzione in italiano ha fatto una scelta di campo di genere poliziesco forse un po’ forzato.
Siamo nell’oggi della sonnolenta e apparentemente rassicurante provincia americana della Pennsylvania, costa est sopra New York (topos estremamente ricorrente) in cui tutti si conoscono ma in cui nulla è come sembra.
La protagonista Mare Sheehan è nell’occhio del ciclone perché non riesce a risolvere un caso di sparizione di una giovane ragazza del luogo. Subito si capisce che in questi luoghi di provincia tutto si personalizza, tutto assume un sapore di confronto duro, spietato, senza mediazioni possibili. O risolvi il caso o non vali nulla sembra dire la comunità alla poliziotta. La poliziotta come se non bastasse deve convivere con lo spettro della morte del figlio suicida e l’ex marito sul punto di risposarsi.
La situazione precipita.
Una giovane ragazza madre, Erin McMenamin, viene ritrovata morta lungo un torrente nei pressi di un bosco della cittadina. Presenta una grossa ferita alla testa. La realtà bussa alla porta di Mare e squarcia l’apparente vita composta della comunità di Easttown.
Qui la serie che non vi racconterò nei dettagli, perché deve essere vista, diventa un gioiello di orologeria narrativa.
Cominciano a muoversi davanti agli occhi dello spettatore invisibili fili che legano la protagonista a tutti gli altri personaggi della vicenda e si assiste con attrazione al dipanarsi contemporaneo della ricerca dell’omicida e la scoperta di tutte le miserie piccole e grandi che in misura diversa avvolgono tutti i personaggi legati tutti dal fatto di avere qualcosa di cui pentirsi o vergognarsi.
La storia lentamente da thriller diventa anche drama. Non si cerca più un assassino si cerca di capire chi è Mare.
Il film diventa il racconto ferocemente realistico di come le persone possono e debbono avere una seconda possibilità per riscattarsi, di come le persone non devono morire schiacciate dal senso di colpa per aver commesso una leggerezza di come sia necessario accettare il male che fa parte dell’uomo e convivere con esso.
Ciò che sembra contare è andare avanti e ricominciare.
Kate Winslet recita la parte della protagonista Mare ad un livello inimmaginabile di qualità attoriale. Realismo e semplicità (apparente ovviamente) la fanno da padrona ed intorno a lei la madre, l’ex marito, la figlia ruotano come un carillon perfetto.
Ad un certo punto si perde di vista la ricerca dell’assassino e si diventa empatici con Mare che, come tutti, commette una leggerezza da poliziotta e viene sospesa. Quasi la si giustifica per il realismo empatico ed espressivo dell’attrice.
Ci si accorge che tutti hanno qualcosa da farsi perdonare e che la vita, nel suo svolgersi, li ha costretti a sbagliare e per questo ne restano condizionati, per senso di colpa o per incapacità di guardarsi dentro.
Una vera catarsi narrativa sembra emergere dietro la storia poliziesca. Quanta sapienza di scrittura c’è dietro queste opere quanto mi piacerebbe che anche in Italia si potessero realizzare cose simili. Dovremmo capire come mai HBO riesce a fare cose simili dove sono nascosti i segreti di ricette simili.
Ricordo, ad esempio, The Undoing con un cast di star, bello e ben fatto che ha lanciato Matilda De Angelis. Non è solo questione di budget ovviamente sarebbe troppo facile.
Le migliori storie sono sempre quelle in cui l’uomo appoggia la maschera sul comodino, sempre.
Adesso non resta che (ri) guardare Omicidio a Easttown, in attesa di una bella storia tutta italiana.