Paolo Gentiloni, le crisi possono aiutare la nascita degli Sati Uniti d’Europa

«L’Europa stia pronta a cambiare, l’arrivo di Trump imprime una scossa alla Ue stessa». Paolo Gentiloni ha da poco fatto le valigie per tornare da Bruxelles, dove è stato commissario europeo agli affari economici e monetari nella Commissione Von der Leyen I, a Roma. Ex premier, più volte ministro, ex presidente del Pd, è uno dei leader dell’europeismo italiano.

La nuova commissione proseguirà alcuni dei dossier aperti, mi auguro che prenda decisioni importanti. Negli ultimi anni alcune sono state storiche. Avevamo davanti eventi enormi come l’epidemia di Covid, l’invasione russa dell’Ucraina Anche la vittoria di Trump negli Usa è un evento storico e richiederà scelte importanti della Ue.


L’augurio in questo periodo non può che essere quello di considerare la fase che si apre con la nuova presidenza Usa, con Donald Trump, una sveglia, una scossa, una opportunità per l’Unione europea. Ci sono tante incognite, è vero, ma c’è la possibilità che davanti a una situazione così complicata l’Europa affronti e risolva i propri limiti. Non è soltanto un periodo pieno di inquietudini, ma anche di opportunità.


È difficile fare previsioni. Certamente Trump ha più volte espresso la sua convinzione di volere riequilibrare i rapporti commerciali con alcune aree del mondo, inclusa la Ue. Nessuno sa se si tratti di tattica negoziale o di scelta strategica. Direi che vale il detto: lavorare per il meglio ma prepararsi anche al peggio nella Ue. Sulla base del primo mandato di Trump, possiamo immaginare che una guerra commerciale possa essere evitata e i suoi discorsi sui dazi potrebbero essere intesi piuttosto come arma negoziale. Diciamo che si capirà nelle prossime settimane.


Ci sono due dimensioni. La prima è economica e riguarda la Francia per ragioni di conti pubblici e la Germania per la crisi industriale. Sono serie le difficoltà. Ma l’Italia non può vantarsi troppo, non lo faccia il governo Meloni. Abbiamo il debito pubblico più alto d’Europa e una crisi industriale parallela a quella tedesca.


Certo, c’è la dimensione politica e il governo italiano adesso ha una maggiore stabilità rispetto al governo francese o alla situazione politica tedesca. Questa stabilità andrebbe giocata in chiave europea. Lo scenario attuale dimostra che le istituzioni europee anche in un momento di fragilità di Francia e Germania sono in grado di decidere e di andare avanti. Aggiungo che non si può aspettare l’insediamento del governo tedesco o la stabilizzazione del quadro francese, perché il mondo non aspetta.


Sì. La Ue ha dimostrato in questi quasi 70 anni che, pur essendo una gigantesca incompiuta, è comunque cresciuta di peso politico, economico e anche di membri: siamo 27.


Non avremo una “ora X” in cui nascono gli Stati Uniti d’Europa, sarebbe bello ma non è attuale. Dobbiamo però fare passi avanti e le crisi paradossalmente ci aiutano. Ci spronano ad esempio a passi concreti verso una difesa comune europea. Sarebbe un passo avanti importante dell’Unione. L’Europa è diventata più capace di competere grazie alla moneta unica, l’euro, per 20 Paesi e al debito comune, gli eurobond, emessi tre anni fa. Per rispondere al nuovo mondo dobbiamo attrezzarci con la difesa comune. Inoltre, dobbiamo prendere decisioni veloci e perciò vanno ridotti gli ambiti in cui la Ue decide all’unanimità, perché il veto di uno o due Paesi rischia di paralizzare le decisioni. Se ipotizziamo un allargamento, che includa anche l’Ucraina, è impensabile che una Ue a 30 o 35 membri decida all’unanimità. Oltre alle sfide economiche di cui ha parlato Mario Draghi nel rapporto sul futuro della competitività europea, la rotta deve andare nella direzione del rafforzamento e della coesione europee per affrontare le burrasche.

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