Quando viene coniato il termine Intelligenza Artificiale (Artificial Intelligence) dal matematico John McCarty nel luglio del 1956, insieme al suo gruppo crea una macchina che utilizza diverse discipline tecnologiche con applicazioni informatiche in grado di simulare ogni aspetto del sapere umano e confrontarlo con l’intelligenza dell’uomo. L’IA ha dimostrato da subito capacità umane quali lo studio, la pianificazione, la creatività.
C’è da dire che già nel 1947, lo scienziato Alan Turing aveva iniziato la sua ricerca che, oltre a suscitare curiosità ed entusiasmo, aveva dimostrato la sua capacità pragmatica per la ricerca che si apprestava a fare che non dava solo risposte, ma era anche capace di fare domande e «permetteva gli errori». Questa considerazione è alla base di ogni discorso che riguarda l’IA, ossia la «quarta rivoluzione», come viene definita.
È necessario prendere in considerazione questo modo di approcciare l’IA e anche se il test di Turing è stato superato, come confermano notizie recenti pubblicate in Proceedings of the National Acade-my of Sciences, resta importante la sua annotazione scientifica che induce a trattare la materia con responsabilità.
Oggi l’IA è presente nell’istruzione, nell’industria, in politica, nella sanità, nei rapporti sociali e la vita stessa sarebbe impensabile senza questa tecnologia. Lo sviluppo tecnologico, nanotecnologie, intelligenza artificiale e biotecnologie, come afferma Paolo Benanti, presbitero e teologo france-scano del Terzo Ordine Regolare, tra i 39 esperti di IA scelti dal segretario generale delle Nazioni Unite, è un supporto per migliorare l’uomo e in forza del pensiero postumano.
L’IA prende in esame i risultati per produrre forme di conoscenza che implementino i saperi e le sensibilità nel computer, con lo scopo di ottimizzare la vita dell’uomo. Ma attenzione perchè può, potrebbe, essere utilizzata per la distruzione delle città, per uccidere persone, per distruggere la coesione della società e lo status democratico.
Diventa sempre più veloce l’introduzione dell’IA nella vita quotidiana dell’uomo; sta prendendo possesso sia della lingua, intesa come struttura filologica, con l’introduzione di neologismi sia della scrittura di uso corrente e della lingua poetica.
È noto che lo scrittore Isak Asimov nella sua opera, ha reso i robot protagonisti fino al limite estremo in cui il loro pensiero supera addirittura quello umano.
La lingua prevalentemente in uso in IA è Python, versione 3, anno 2023, definita compatibile con gli ideali dell’uomo dal momento che include esperti informatici, ingegneri, giuristi, filosofi. Non i poeti.
La domanda sostanziale che ci poniamo riguarda il rapporto tra scrittura autorale e forme di modelli stilistici della lingua e della letteratura con l’IA, come l’uso di diverse discipline tecnologiche con applicazioni informatiche che si confrontano con l’intelligenza dell’uomo.
Finora l’IA affronta problemi quotidiani, analisi scientifiche, diagnostica medica, biologia, matematica logica, traduzione linguistica. La sua presenza così forte nella vita quotidiana e, come ritiene il filosofo Cosimo Accoto, in grado di plasmare la nostra libertà, deve avere un suo codice etico aggiornato contemporaneamente al suo utilizzo e sviluppo.
La ChatGPT ha dimostrato di essere in grado di risolvere giochi di parole e nel contesto delle innumerevoli informazioni, compreso il linguaggio umano, sa interagire con l’intelligenza emotiva e, ciò che è importante e anche avvincente, conosce i fatti avvenuti fino al novembre del 2021. A questo bisogna aggiungere il dominio cognitivo, un nuovo spazio che la Nato ha inserito a salvaguardia e protezione.
Queste lunghe e necessarie considerazioni sulla lingua delle macchine che pensano, riflettono in che modo la cultura evolve. In particolare, cosa rappresenta il poeta per l’IA e, in generale, se la soggettiva realtà di un poeta è comprensibile e in che misura lo potrebbe essere per l’IA?
Il tentativo di tale ricerca, lo sappiamo, i ricercatori di IA l’avevano iniziata con l’intenzione di controllare ogni segmento della vita umana. Per l’IA l’immagine inconcreta della realtà, quella che il poeta descrive, è inconnue. Si tratta dell’anima immateriale vs l’anima digitale.
Il poeta inserisce nella lingua il proprio lessico espressivo, dinamicità, congetture. La sua parola ereditata è originata dalla vastità della lingua e della letteratura popolare e, per stile, tema e composizione, rappresenta lo sconosciuto mondo della realtà. Il poeta è il solo capace far diventare il reale, particolare.
La sua cifra, a volte, diventa memorabile, eterna, poiché è in simbiosi con il proprio verso e non si occupa dell’impatto che lascia negli altri. La creazione del verso è un attimo, un fremito che non può cogliere in diretta alcun computer né alcuna macchina perché è un testo diverso dagli altri, da tutti gli altri.
Femio dell’Odissea, il primo poeta che l’umanità ha conosciuto, l’unico che recitando i versi viene risparmiato da Ulisse e di cui le parole, a tutt’oggi, hanno lo stesso senso e suono, è la più antica conferma a noi pervenuta sulla poesia che attesta la sua influenza sulla cultura del pensiero umano. Queste le parole di Femio che sono la poetica e la parabola del poeta
«Dotto io son da me solo, e non già l’arte,
ma un Dio mi seminò canti infiniti nell’intelletto».
Nei due versi, Femio definisce il proprio talento innato, infusogli da Dio. Se Alfred Huebeck scrive che «mai fino allora si era sentita una tale lingua in nessuna casa», si potrebbe aggiungere che, nemmeno dopo, tale potenza della lingua si era sentita. Femio, nell’incontro con il destino, afferra con il suo dire astuto, il pericolo e il solo sentire la vita al presente senza passato e senza futuro, il sapere, dunque di essere di passaggio, vince. L’atto dell’ispirazione è il manoscritto più sorprendente dell’uomo.
L’IA finora, non si è occupata di poesia, né di stilistica. La sua attenzione, come abbiamo accennato, è rivolta altrove, riguarda altro genere di interessi, perché nessuna macchina, né robot potrà entrare mai nello spirito del verso. Non esiste computer che possa trasmettere il senso e il messaggio del poeta la cui percezione è in grado, d’un tratto, di spiegare una sequenza del mondo contempora-neo con stupefacente precisione.
Certo, il poeta descrive il tempo che esiste solo nel suo pensiero e nella sua immaginazione, che in fondo testimonia il proprio mondo poetico a guisa di testamento dell’epoca in cui vive e che afferma la sua presenza nel tempo.
L’ispirazione non ha un suo doppio perché restituisce la sacralità dell’individuo che non smetterà mai di essere inseguita come postulato di un senso esistenziale che si ricerca di continuo. L’unicità dell’ispirazione poetica, invece, riceve le interpretazioni più disparate e ingegnose di cui il poeta, peraltro, non si cura affatto. Egli mostra l’ispirazione poetica che vive nella mente di chi legge.
L’IA dimostra quanto ci siamo allontanati dal passato e quanto la tecnologia abbia migliorato la vita sociale e quanto, invece, il poeta sia rimasto al di fuori del mondo digitale, eccetto che per promuoverlo. Bisogna sottolineare che la poesia offre meno problemi all’ IA e che occorre intensificare l’interesse per il pensiero poetico che, i classici ce lo insegnano, va studiato e utilizzato.
A conferma di questo, va ricordata la case history, applicazione dell’ IA per la promozione del turismo, utilizzata per il cinquantenario del G7 a Fasano, dove il poeta e filosofo Virgilio così come nell’Inferno e nel Purgatorio accompagna Dante, ha accompagnato i leader mondiali e Papa Francesco in Egnazia.
È rigenerazione di qualcosa che non esiste, è quella coscienza storica di una nazione che parla della permanenza di Virgilio nel tempo che, come dice Shakespeare, è la «scrittura vera», a differenza di quella «falsa scrittura» che è il tempo. Il poeta è portatore della verità che non ha varianti e si esplica attraverso la memoria.
Bisogna tener presente che il rapporto poeta – IA deve essere vissuto da protagonisti e non da subordinati esecutori. Resta aperto l’ammonimento lasciato da Stephen Hawking, fisico teorico del nostro tempo che nel 2014 ha espresso tutte le sue perplessità riguardo l’ IA: «Lo sviluppo di una piena intelligenza artificiale può innescare la fine del genere umano».
Per il poeta resta sempre valida l’idea che l’antropocentrismo si oppone alla totalità della scienza centrismo.
Letture consigliate
Omero, Odissea, XXII, 347-349
Paolo Benanti, Human in the loop. Decisioni umane e intelligenze artificiali, Mondadori Università, 2022
Nuno da Silva Goncalves S.I, Intelligenze Artificiali e intelligenze incarnite: Quale frontiera? – Intervista a Paolo Bonanti, La Civiltà Cattolica, 2023 IV 572-586, 16 dicembre 2023/ 6 gennaio 2024
Alfred Heubeck, Omero Odissea, Mondadori (edizione speciale), 2003