«Ma l’America è lontana/Dall’altra parte della luna/Che li guarda e anche se ride/A vederla mette quasi paura», così cantava Lucio Dalla nel 1979.
L’America del 2025 di Donald Trump continua ad essere dall’altra parte della luna proprio come nel 1979 e nell’euforia che accompagna sempre i vincitori delle competizioni elettorali ride e ride di gusto. Nello stesso tempo mette paura per almeno due ragioni. La prima di natura economica e riguarda l’influenza esercitata da un ristretto numero di ricchi sul presidente neoeletto, la seconda di natura tutta politica.
Due milionari su tre, secondo un sondaggio condotto da Survation per conto di Patriotic Millionaires International e reso noto all’incontro annuale del Word Economic Forum, sostengono che la concentrazione di ricchezza compromette la qualità della democrazia e, soprattutto, la coesione sociale. Sempre in questa occasione, 370 miliardari provenienti da 22 Paesi, hanno reso pubblica una lettera aperta, We must draw the line, in cui esplicitano questa presa di posizione.
La seconda ragione per essere preoccupati è in verità ancora più grave della prima.
«Cambieremo il nome del golfo del Messico in golfo d’America, che è bellissimo e appropriato proprio perché copre un vasto territorio», «Ci prenderemo cura dei palestinesi e ci assicureremo che non vengano assassinati. Faremo di Gaza un buon sito per lo sviluppo futuro», «Ho detto loro [sta parlando dell’Ucraina] che voglio l’equivalente di 500 miliardi di dollari in terre rare. E hanno sostanzialmente accettato di farlo, così almeno non ci sentiamo stupidi» e ancora sull’Ucraina, «Sono d’accordo con la Russia, Kiev non può entrare nella Nato» sono parole del presidente degli Stati Uniti d’America alle quali si aggiungono quelle del vicepresidente, «se la vostra democrazia può essere distrutta con qualche centinaia di migliaia di dollari di pubblicità digitale, allora vuole dire che non è molto forte».
E ancora sulla guerra della Russia all’Ucraina. Una guerra nel cuore dell’Europa che mette in discussione la pace e la sicurezza nel Vecchio Continente conquistata ottant’anni fa e pagata con un prezzo altissimo con più di cinquanta milioni di morti. La trattativa sulla pace tra Stati Uniti d’America e Russia che non vede allo stesso tavolo l’Ucraina e l’Europa è uno schiaffo che l’Europa non può accettare pena la sua, irreversibile, scomparsa dalla scena politica mondiale.
Le affermazioni del presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, e del suo vice, James David Vance, negano i principi democratici sui quali il mondo occidentale ha costruito la convivenza civile tra i popoli, negano la democrazia e il diritto internazionale. Per certi versi negano lo stesso Occidente così come lo abbiamo conosciuto dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi.
La democrazia non è per sempre, è un patto che va rinnovato ogni giorno. Ciò che era valido ieri non è detto che sia valido anche oggi perché cambiano le condizioni al contorno, soprattutto cambiano gli uomini che esercitano il potere. E se gli Stati Uniti d’America sono stati determinanti per sconfiggere il nazismo e il fascismo, questo non significa che l’Europa ha una cambiale di riconoscenza senza scadenza nei confronti di chi sta dall’altra parte della luna.
L’Europa ha avuto molto tempo a disposizione per costruire un suo profilo politico e amministrativo oltre che di rappresentanza e lo ha sprecato, adesso quel tempo è scaduto. Questo è il tempo degli Stati Uniti d’Europa e della presa d’atto che l’America non è più quella di Yalta.
Tra qualche ora a Parigi, su iniziativa del presidente francese Emmanuel Macron, ci sarà un vertice con i capi di governo dei Paesi più rappresentativi dell’Europa, Olaf Scholz, Donald Tusk, Pedro Sanchez, Giorgia Meloni, Dick Schoof, Mette Frederiksen, ovvero Francia, Germania, Polonia, Spagna, Italia, Olanda, Danimarca, e ancora la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio Europeo, António Costa, il primo ministro inglese, Keir Starmer e il segretario della Nato, Mark Rutte.
Una convocazione informale, necessaria per non attendere la burocrazia di Bruxelles.
Non c’è più tempo, lo hanno capito tutti, qui si fa l’Europa o si muore.