Molte volte abbiamo denunciato con Librexpression la situazione di degrado dell’informazione dei media: il passaggio della proprietà dei media da professionisti dell’informazione a multinazionali o miliardari che dell’informazione pulita non s’interessano, cioè del giornalismo che verifica fonti e fatti prima di pubblicare dando ai giornalisti i mezzi per farlo, che puntano sulla ricerca della notizia (vera o falsa) che fa il ronzio o l’udienza, sulla futilità del contenuto, sulla ricerca del titolo ad effetto, ma spesso non ha nulla in comune con il contenuto dell’articolo. Sulla riduzione dei costi, non per migliorare il contenuto ma solo per fare più profitti.
L’oligopolizzazione capitalistica dei media, la riduzione del dibattito politico per mancanza di diversità culturali, contribuiscono alla deriva dell’informazione, alla perdita di interesse del pubblico per i media cartacei o all’affidabilità dei media audiovisivi, lascia posto all’informazione alternativa, dove le fake-news competono con le teorie del complotto.
La precarizzazione e l’avvilimento del mestiere di giornalista o di vignettista, precario o meno, è la conseguenza logica di queste involuzioni.
Da molti anni aumenta il numero di giornalisti COCOCO, giornalisti con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Giornalisti sottopagati, sfruttati, senza diritti sociali, anche se, spesso, si tratta di giornalisti professionisti. Giornalisti usa e getta come rasoi di supermercati. Questi professionisti, costituiscono il nuovo proletariato ottocentesco dell’informazione. Non si capisce bene come possa perdurare per anni questa situazione che sembra essere in violazione con la direttiva UE sul lavoro a tempo determinato (direttiva 1999/70/CE). Questa precarietà e proletarizzazione di un mestiere in altri tempi prestigioso e indispensabile a qualsiasi democrazia, costituisce un attacco alla democrazia simile alla trumpizzazione della politica.
Il recente rifiuto di rinnovo del contratto a due giornalisti precari che lavorano da anni per la stessa testata, dopo che questi avevano fatto causa di lavoro, ha creato un movimento di solidarietà al quale vogliamo contribuire pubblicando una striscia del nostro amico giornalista e vignettista Stefano Rolli. Per denunciare la situazione dei COCOCO e il cinismo dei responsabili dei media. Non basterà per risolvere una situazione marcia che richiede l’intervento del legislatore e una presa di coscienza del pubblico, ma è un atto che ci sentiamo di fare per la libertà d’informazione e per solidarietà verso tutti coloro che sono costretti a convivere con questa situazione.