«Qui si fa l’Europa o si muore» lancia nel suo editoriale intitolato Una piazza per l’Europa, Michele Serra su la Repubblica del 27 febbraio 2025. Un appello giustissimo, opportuno, quasi catartico. Ma che testimonia anche forte sordità, durata almeno un anno. Perché quasi un anno prima, il 24 febbraio 2024, non furono tanti gli intellettuali, i giornalisti, i sindaci a raccogliere il grido d’allarme lanciato da Emma Bonino a Roma in occasione della convention per gli Stati Uniti d’Europa da lei convocata.
L’ex-commissario europeo ricordò la guerra nei Balcani, a Dubrovnik, nelle strade di Sarajevo, poi missili su Kyiv e la tragedia mediorientale e ben prima del ritorno di Donald Trump nel novembre scorso alla Casa Bianca avvertì «in questo scenario, l’Europa c’è o non c’è. La questione è: vogliamo o no andare verso gli Stati Uniti d’Europa con tutto quello che significa in termine di politica di difesa, di autonomia di diplomazia?».
Alla Convention, passarono vari responsabili politici (a cominciare dalla segretaria del partito democratico Elly Schlein) per giurare della loro fede federalista e applaudire fragorosamente Emma Bonino. Ma alla fine prevalsero le logiche di partito, personali e di mercato elettorale, e la grande coalizione per gli Stati d’Uniti che doveva essere una spinta per lanciare un messaggio a tutta l’Unione e rompere, per iniziare, il voto all’unanimità al Consiglio Europeo, divenne un piccolo cartello elettorale per lo scrutinio del 8 e 9 giugno per il Parlamento di Strasburgo.
L’unica lista nei 27 paesi membri a mettere come priorità la riforma della governance dell’Unione ottenne solo 3,8% e nessun eletto. Ben vengano oggi i federalisti dell’ultima ora. Sempre meglio arrivare all’ultimo istante che mai pervenire. E in politica, non esiste la primagenitorialità delle idee.
Il risveglio dei sonnambuli dopo l’arrivo della nuova amministrazione americana è dunque una buona notizia per tutti i federalisti che come Emma Bonino invocano la mobilitazione dei cittadini e delle cittadine con le bandiere blu stellate per cambiare l’Europa. Ma non serve soltanto sventolare in piazza il vessillo della nostra Unione. Bisogna compiere passi concreti. A cominciare dal sostenere l’indipendenza e la difesa dell’Unione di cui il piano Rearm Europa di Ursula von Der Leyen, per quanto incompleto e ancora troppo su base nazionale, è il primo mattone.
Non serve a molto sfilare per gli Stati Uniti d’Europa se non si contrastano fermamente i Paesi che operano quotidianamente per minare le nostre democrazie e avere l’Europa degli Stati disuniti. E non si prepara un futuro migliore se, in virtù di un pacifismo al profumo di resa, non si sostiene fino in fondo la resistenza ucraina negando così i valori fondativi dell’Unione europea, la democrazia, la libertà, il rispetto del diritto internazionale e la lotta ai totalitarismi.
Esattamente quello per cui si battevano dal confine di Ventotene, gli antifascisti Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Altiero Spinelli.