Basta attendere poche ore per capire se la sintesi a cui ha fatto riferimento il presidente incaricato Mario Draghi è davvero un tutti dentro oppure una strada possibile per restituire concretezza al fare della politica. Se davvero la sintesi di cui si farà carico si propone di affrontare e risolvere qualche problema reale. Recovery plan, sistema sanitario nazionale e presidi territoriali, giustizia, legge elettorale. Lavoro, lavori. Discriminazione, discriminazioni. Infrastrutture e rilancio del Sud.
Se questo è, non potrà essere tutti dentro.
In questa legislatura abbiamo avuto l’opportunità di misurare il valore e la competenza di tutte le forze politiche presenti in Parlamento, ad eccezione di FdI, che si sono alternate al governo del Paese. Ognuno ha gli elementi per giudicare in relazione ai risultati conseguiti e al livello politico culturale raggiunto.
Abbiamo visto la Lega di Salvini al governo con il M5S e con Giuseppe Conte Presidente del Consiglio dei ministri e il Pd al governo con il M5S e Giuseppe Conte Presidente confermato. Un’anomalia certo, ma è successo. Non sono stati due governi uguali e hanno governato in modo molto diverso. Innanzitutto nel rapporto con l’Europa.
Il primo, orgogliosamente, in sintonia con l’America di Donald Trump e antagonista nei confronti dell’Europa. Con quest’ultima critico su molti fronti a partire dalla gestione economica della pandemia e sull’immigrazione innanzitutto. Al punto da varare i famigerati Decreti sicurezza, l’ossimoro per eccellenza in tema di immigrazione.
Il secondo, orgogliosamente, interlocutore propositivo con i Paesi fondatori dell’Unione Europea al punto da riallacciare relazioni positive che hanno portato alla firma del Recovery Fund con una dotazione per l’Italia di 209 miliardi. Non in grado però di dotare la sua azione di governo di una visione e un progetto in grado di disegnare un presente più sicuro e prefigurare un futuro con meno incognite e più sicurezze soprattutto in ambito economico.
La gestione dei 209 miliardi che arriveranno dall’Europa ha portato alla crisi di governo.
Adesso il pallino è nelle mani del Presidente incaricato che proprio a partire dalla gestione di questi fondi deve trovare una maggioranza in Parlamento tale da garantire la governabilità e una stabilità, minima, per il Paese.
La domanda che in tanti si pongono in queste ore è la seguente: tutti dentro?
Per la ragioni, che in maniera sintetica ho esposto all’inizio di questa riflessione, non credo sia possibile tenere tutti insieme. Ma, al contrario, si dovranno fare delle scelte.
Scelte che, per quello che mi riguarda, comportano un rapporto positivo e di collaborazione strategica con l’Europa e l’America di Joe Biden e Kamala Harris. Per questa ragione c’è bisogno di una visione nuova del mondo e di pensare secondo categorie politiche che non sono più quelle del Novecento. Muta la concezione del mondo e mutano, soprattutto, le parole con le quali indicare i processi politici e i nuovi raggruppamenti.
Ieri democristiani, comunisti, socialisti, liberali e fascisti, oggi sovranisti, conservatori e progressisti.
Le differenze restano e, in alcuni casi, restano incolmabili.
Per tutte queste ragioni, come tanti, aspetto con curiosità e preoccupazione la sintesi che il professor Mario Draghi proporrà.