Pagina ’21 si ripropone all’attenzione di lettori e frequentatori della rete, i cosiddetti internauti, in una versione del tutto rinnovata, con l’augurio e l’impegno di sottrarsi alle suggestioni della “odiocrazia della rete”.
Ed infatti, non nasce dal nulla: resta sempre nel disegno immaginato una quindicina d’anni addietro con i Quaderni della Fondazione, poi trasferitosi nella prima edizione di Pagina on line per assecondare le profonde modificazioni intervenute in pochi anni nelle abitudini dei lettori soprattutto di Riviste (in particolare di generazioni più giovani) ed infine nella versione che siamo lieti di offrire oggi agli amici e frequentatori delle nostre iniziative e in genere a chiunque pensi non solo che un mondo diverso sia possibile ma che sia particolarmente urgente lavorare per sottrarre il Paese al rischio della sua crisi di sistema.
E si chiamerà Pagina ’21.
Quel «’21» che per la Fondazione Di Vagno era e resta un numero simbolo: nel ’21, circa un secolo addietro, si consumò l’assassinio di Giuseppe Di Vagno (1889-1921); nel prossimo ’21 sarà celebrato il Centenario con un programma di riflessioni sulla Storia, sempre con l’attenzione concentrata sul difficile momento che vive oggi la democrazia repubblicana. Ma non solo, come vedremo.
L’iniziativa editoriale d’origine della Fondazione ha cambiato pelle: dai Quaderni come organo destinato a dare conto degli appuntamenti che la videro protagonista (Convegni, Seminari, Dibattiti), alla prima edizione on line, Pagina, che raccolse il suggerimento di uno fra i più illustri nostri sostenitori, il prof. Franco Botta, come strumento al servizio di studiosi per agevolare il loro lavoro di ricerca, attraverso la presentazione di organici dossier su singoli argomenti; attività raccolta poi dal prof. Silvio Suppa, le cui idee e buoni propositi dovettero necessariamente far di conto con le risorse umane e materiali della Fondazione che, allora come ora, restano abbastanza limitate.
Dopo la non inutile (forse, solo un po’ lunga) interruzione della sua vita eccoci alla odierna versione, che non a caso abbiamo chiamato Pagina ’21, che ha l’ambizione di proiettarsi nel futuro non senza dimenticare di fare i conti con la storia del Socialismo, ancora una volta segnato da quel numero, ’21!, ma che oggi vuole abbracciare il meglio di quello che è accaduto in un secolo di storia italiana e rilanciarlo verso il futuro.
Con un programma non meno ambizioso, come si legge nel piano editoriale approvato dal Consiglio d’amministrazione della Fondazione: «Una rivista aperta alle idee e quindi per sua natura intrinseca dialettica, in cui far emergere le diversità di opinioni, di gusti letterari, di matrice politica, ma capace di creare un’unità di sentimento e di spirito di appartenenza. La diversità nell’unità […] stella polare della nuova rivista. Un tratto identitario con il quale contribuire ad edificare anche una nuova cultura politica di matrice socialista e progressista che faccia proprio dell’unità nella diversità il suo valore aggiunto e aggregante».
E che toccherà far rispettare al Comitato dei Garanti, al Direttore responsabile Oscar Buonamano che da anni con competenza e passione segue la vita della Fondazione Di Vagno e di Lector in fabula, e alla Redazione che vi si dedicherà sapendo coniugare volontariato e professionalità; e grazie alla lungimiranza della Regione Puglia che all’interno della strategia Community Library ha accolto il nostro progetto I granai del sapere.
Buona Navigazione a Pagina’21, dunque.
Ho letto di recente che alla fine del ’800 un illuminato editore di terra di Bari, il tranese Valdemaro Vecchi, pioniere dell’editoria pugliese, nel presentare la sua creatura Rassegna Pugliese, Giornale di scienze, lettere ed arti pubblicata tra il 1893 e il 1913 disegnava il programma editoriale con queste parole: «Ogni ramo dello scibile dovrà pagare il suo tributo alla mia Rivista, dalla quale intendo soltanto escludere rigorosamente la cosiddetta politica militante perché nessuna polemica di questo genere ha il diritto di turbare il sereno cielo della scienza e nessun pretesto voglio lasciare a quanti sono uomini di ingegno e di cuore perché mi neghino il loro concorso a cagione del credo politico».
A parte quel “militante” (che resta escluso anche per noi) cercheremo di fare l’esatto contrario: ci occuperemo anche dei “turbamenti” della Politica (anche se non solo), nella convinzione che se non la si restituisce al significato più alto, costruire visioni per il futuro, siamo destinati alla barbarie.
Lo faremo, naturalmente, rispettando le idee di tutti lungo coordinate che possiamo riassumere in queste parole chiave: antifascismo, antitolitarismo comunque camuffato, Resistenza, Costituzione repubblicana, Democrazia parlamentare, Europa e poi tutto ciò che da queste parole chiave discende e in esse s’inscrive.
Non nascondendo le preoccupazioni per il tempo che stiamo vivendo e di fronte a quello che personalmente considero più che solo rischio della «decomposizione istituzionale del Paese» (Formica, Il Manifesto 8 agosto 2019): situazione che riguarda il Governo nazionale e il Parlamento, ma anche Stampa, Magistratura e poteri locali: un tempo al centro delle attenzioni della politica, questi ultimi, ma dei quali oggi nessuno più si cura neppure a sinistra, purtroppo, lasciando sindaci e amministratori locali nella più perfetta solitudine, di fronte ad una domanda sociale, che quasi sempre si tramuta in vera e propria rabbia/protesta, che incalza oggi più che mai prestandosi a vergognosa speculazione.
Ci dedicheremo, perciò, ad un altro fenomeno che vive pericolosamente il mondo contemporaneo, il quale non può vivere privo di Cultura politica e del suo principale strumento di attuazione: il partito, l’organismo intermedio per eccellenza, ormai in piena decomposizione, ma che deve essere restituito alla sua funzione costituzionale.
Ci occuperemo di socialismo, l’antico pensiero politico destinato a sopravvivere a tutte le manipolazioni che si sono succedute lungo questo secolo, e per le quali quel numero ’21 non è affatto estraneo, e a tutte le alchimie per la sopravvivenza di quel che di organizzativo oggi residua.
Di Socialismo, più che di socialisti, si sono occupati di recente autorevoli intellettuali che nel corso della loro militanza avevano ritenuto di poterlo superare: penso per tutti a Luciano Canfora che in una recente intervista (Manifesto 2 agosto 2019) afferma che oggi sarebbe davvero rivoluzionario tornare alla grande tradizione di Willy Brand e alla «sana socialdemocrazia […] che in Italia esiste da 1946 […] con il Pci che lo sarebbe stato a lungo, mentre il Pd avrebbe completamente abbandonato quella tradizione».
Il Socialismo dunque, sul quale si esercitano intellettuali di altri continenti, come l’indiano Pankaj Mishra (Repubblica, 14 agosto 2019), ovvero Bhaskar Sunkara, studioso statunitense con il suo Manifesto socialista per il XXI secolo ai quali Pagina ’21 e la Fondazione si dedicheranno nella sua declinazione teorica e al di fuori di ogni velleità militante: per cercare di definirne i confini nella contemporaneità, mettendo fra le priorità l’ambiente come ineludibile premessa perché ogni cittadino, povero o ricco, possa star bene, come già Massimo Salvadori indicava in un suo non dimenticato libro di una decina di anni addietro, e come hanno compreso ormai milioni e milioni di persone contagiati dal messaggio di quell’esile ragazza svedese, assai meno che ventenne.
È da pochi giorni in libreria il volume di Paolo Franchi (Il tramonto dell’avvenire, Marsilio nodi, sett. 2019) che si conclude con queste parole: «Ma, avrebbe detto Gyõrgy Lukàcs, una sinistra che considera il Socialismo alla stregua di un cane morto e vive solo in un eterno, gramo presente il suo avvenire lo ha dietro le spalle».
Nel mese di agosto che abbiamo appena trascorso nel mezzo di non poche preoccupazioni per le sorti della democrazia repubblicana, si sono ascoltate voci molto autorevoli: ma tutte di grandi vecchi, di uomini che hanno già dato tanto per governare questo paese, che «hanno colto la drammatica distanza tra la ricchezza politico culturale del loro tempo e la povertà materiale e immateriale» che ci riguarda oggi, ma pur sedendo in panchina possono dispensare analisi e preziosi suggerimenti: abbiamo letto Formica, Macaluso, Asor Rosa, Veltroni, Rognoni, lo stesso Canfora e tutti hanno parlato di politica e di futuro.
Ad eccezione del Presidente della Repubblica, sono mancate invece le voci di coloro cui tocca governare qui ed ora il Paese: da loro non si è ascoltata una sola parola che possa riguardare il futuro, quello delle generazioni che verranno, ma solo cose che fra tatticismi e arroganza hanno a che fare con il maneggio dell’oggi: addirittura (cosa davvero abnorme) con voci del tutto opposte, più che solo discordanti, dall’interno della stessa formazione di Governo; e dunque riguardanti solo il proprio cortile e la tutela del suo recinto, accanto alla spasmodica illusione di continuare a ricercare quelle quote di consenso che almeno i sondaggi stentano ad arrivare.
Sgomenti abbiamo anche assistito ad una crisi di Governo (solo apparentemente incomprensibile) conclusasi grazie anche alla paziente quanto discreta mediazione del Capo dello Stato con un rovesciamento di alleanze dove, finalmente, un contratto è stato sostituito con un programma. Un governo che, tuttavia, fatica non poco per assorbire le scosse di assestamento e per contenere protagonismi e frustrazioni, smania di visibilità, rendite di posizione dei suoi protagonisti.
Ciò nonostante, va detto senza mezzi termini che politica non è questo: invece è voglia, capacità di elaborare e fissare un orizzonte, come quello che viene indicato dalla povera Greta che nonostante la recente sconfitta dalla climate change conference Madrid 2019 (15 dicembre 2019) continua a smuovere il mondo; è disponibilità al confronto, è partecipazione, partecipazione, sempre maggiore partecipazione, è inclusione “generativa” in particolare dei nostri giovani, molti dei quali stanno manifestando un inedito protagonismo, cui assai presto converrà dedicare le nostre attenzioni.
Pensando ad una rivista non tradizionale ma on line, dunque, cercheremo di scendere sullo stesso terreno di gioco, quello della connessione permanente, per offrire innanzitutto ai più giovani, ma non solo a loro, un’altra opzione: l’informazione e la formazione per partecipare al gioco democratico, perché ciascuno senta di poter concorrere ad assicurare al Paese il suo futuro di libertà e di sviluppo, pur sempre nel solco delle regole della democrazia rappresentativa e parlamentare disegnata nella Carta Costituzionale.
Hic Rhodus, hic salta: assai grati a chi vorrà starci accanto.