Le reazioni di numerosi paesi europei all’inizio della crisi sanitaria in Italia, le critiche dell’opposizione politica al Governo Conte e all’Unione, come la lentezza delle istituzioni comunitarie a rispondere all’emergenza in Italia hanno portato molti, in Italia e altrove ad accusare l’Ue di indifferenza, disumanità e… inutilità. Un amico norvegese mi scriveva qualche giorno fa: «Non sono sorpreso di vedere la crescita dell’antieuropeismo in Italia quando vedo il modo nel quale l’Ue ignora gli italiani. L’Ue li ha lasciati da soli e li ignora in questa situazione così difficile».
Di fatto, come sottolineano anche Luca Argenta, Michael Braun e Tobias Mörschel in un articolo della rivista della Friedrich Ebert Stiftung: «In Italia intanto cresce sempre più la sensazione di essere stati, ancora una volta, abbandonati dall’Europa in una condizione di grave crisi: come ai tempi della crisi dell’euro cominciata nel 2008, e poi della crisi migratoria cominciata nel 2015 e ora, nel 2020, nella gestione della crisi da coronavirus. Alla domanda ‘L’Ue aiuta l’Italia?’ uno schiacciante 88% risponde negativamente». Un’opinione quindi purtroppo molto diffusa, ma falsa.
È vero che, all’inizio della crisi in Italia, in molti paesi dell’Ue gli italiani sono stati accusati di essere all’origine della diffusione del virus. Più paesi hanno chiuso le loro frontiere agli italiani, soppresso voli aerei provenienti dall’Italia, con considerazioni sprezzanti. Ad inizio marzo, Francia e Germania hanno bloccato l’esportazione di mascherine verso l’Italia. Al tempo stesso, alcuni politici italiani, approfittando della crisi e del basso livello d’informazione dei cittadini non hanno esitato, e continuano a farlo, ad accusare questi paesi di egoismo per avere chiuso le frontiere, quando una tale chiusura costituisce una delle loro rivendicazioni, insieme al moto politico «prima gli italiani». Rendono responsabile il Patto di Stabilità del “taglio” delle spese sanitarie e quindi delle difficoltà attuali per fare fronte alla crisi. Altre voci accusano l’Ue di avere ridotto o soppresso i fondi per la ricerca in materia di Coronavirus che erano stati messi a disposizione (nell’urgenza) per fare fronte alla crisi della SARS nel 2003 poi della Zika nel 2004, senza considerare che sarebbe stato necessario – come richiesto da molti ricercatori in materia – di proseguire gli esperimenti al fine di essere pronti per una probabile nuova crisi legata alla famiglia dei coronavirus.
La morale è che, sempre nel sondaggio Dire/Tecnè del 13 marzo, il 67 % degli italiani pensano che fare parte dell’Ue sia uno svantaggio. Il 21 marzo, in un nuovo sondaggio, sempre dell’istituto Tecnè, il 42,1 % degli italiani riteneva che non solo l’Ue non li aiutasse ma che ostacolasse l’Italia, motivo in più per uscirne, e il 22,8 % che l’Ue stava facendo meno di quanto avrebbe potuto fare e sono quindi delusi. Solo il 31,6% considera che la crisi dimostra la necessità di una maggiore integrazione. Risultati non così sorprendenti, se si pensa che 7 milioni di Italiani hanno seguito il video di una leader di destra che accusava la Francia e la Germania di approfittare della crisi per «saccheggiare» l’Italia e impedire alla BCE di creare moneta per finanziare un piano di investimento straordinario. È (pur) vero che le teorie del complotto, la creazione di capri espiatori è sempre stata una strategia dell’estrema destra. Tuttavia, tali risultati dimostrano una profonda ignoranza (strumentale da parte dei politici, reale da parte della popolazione) sia delle competenze delle istituzioni europee, sia di quella che fa l’Unione per uscire della crisi sanitaria ed economica. E non si può pretendere dai cittadini di sapere più di coloro che dovrebbero rappresentarli e difendere il loro benessere.
Quattro sono i commenti che vorrei sviluppare: riflessioni sul tema degli egoismi nazionali e della solidarietà, chiarificazione delle competenze dell’Ue in materia sanitaria, presentazione breve dell’azione dell’Ue e delle sue agenzie; il ruolo della Banca centrale europea.
Illustrazione di © Niels Bo Bojesen (Danimarca)
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