Ci siamo. Ci ri-troviamo nel Re-Arm, che la Ue guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen ha voluto. Gli esperti sono sicuri che significherà in primo luogo l’imminente riarmo tedesco. E gli altri Paesi Ue a seguire, finanze permettendo e a Dio volendo. Il dibattito sulla guerra in Ucraina e il futuro dell’Unione ha ottenuto per ora questi due effetti: via libera al libro bianco sulla difesa europea e appoggio alla risoluzione pro Kiev.
Ma il piano significa davvero un primo e deciso passo federalista? Degli 800 miliardi di spesa previsti per il riarmo europeo solo 150 sono a debito comune. E poi dei valori della Ue di pacifismo, multilateralismo, protagonismo non resta traccia. Dopo tre anni di guerra tra Russia e Ucraina, accolti passivamente, sono state le minacce di Trump a dare la scossa al continente europeo per fargli imbroccare una strada al massimo ribasso politico e strategico. Mai l’Europa dal Secondo dopoguerra era stata in tanta sofferenza e incertezza.
Al documento per la difesa comune di von der Leyen hanno risposto Sì in 419 (il 62%), e No 204 (il 30,5%). I favorevoli sono stati in maggioranza Popolari (di cui fa parte Forza Italia), gran parte di Democratici e socialisti (la famiglia europea del Pd che però si è diviso). I dem per il Sì sono stati l’ex governatore emiliano romagnolo Stefano Bonaccini, Antonio Decaro, ex sindaco di Bari, Elisabetta Gualmini, l’ex sindaco di Bergamo Giorgio Gori, Peppino Lupo, Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli, Raffaele Topo. Sandro Gozi dei Liberali francesi, i Verdi e la maggioranza di Ecr (gruppo di FdI). Nei voti negativi ci sono i leghisti, la minoranza di Ecr, la sinistra e M5Stelle e una minoranza dei Verdi. Un folto gruppo di astensioni (in tutto 46) viene dal Pd: 11. Tra i dem, dopo tumultuose riunioni, Elly Schlein la segretaria ha tratto il dado indicando l’astensione come punto di incontro tra l’ala più pacifista di Cecilia Strada e Marco Tarquinio e i più lealisti, ma ha subito dopo fatto sapere che «il Pd resta critico».
Alla fine ad astenersi sono stati Brando Benifei, ex capogruppo UE nella passata legislatura, Annalisa Corrado, Camilla Laureti, l’ex sindaco di Firenze Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Alessandro Zan, Lucia Annunziata e Nicola Zingaretti.
È lo stesso Zingaretti a esprimere le perplessità su una strada che non garantisce più federalismo: «Ci siamo astenuti perché in quel documento c’è troppo poco federalismo. Non è l’Europa di Spinelli, la parola difesa comune non compare mai. È un po’ ingenua l’idea di chi pensa questo è il primo passo, poi vedrete».
Insomma, difendersi insieme o riempire ciascun Paese i propri arsenali, accontentando i produttori d’armi?
La partita è decisiva e la risoluzione delle ultime ore su difesa e piano di riarmo.