Ursula von der Leyen riconfermata presidente della Commissione europea

Thierry Vissol

Grazie alla mia carta di giornalista di France Cartoons, associazione di vignettisti di stampa francese e membro di Librexpression, ho potuto ottenere l’accredito per seguire la prima sessione della decima legislatura del Parlamento europeo a Strasburgo.

Le sessioni inaugurali sono tradizionalmente dedicate all’organizzazione del Parlamento con le elezioni del presidente, dei 14 vice-presidenti e dei 5 questori, postazioni essenziali per il suo funzionamento dal grande valore politico. La scelta di questi dirigenti, secondo la loro appartenenza ai vari gruppi politici, è anche importante per capire i futuri orientamenti strategici dell’aula e il suo sostegno o meno alle proposte della Commissione e del Consiglio. Un’altra decisione importantissima è l’elezione del presidente della Commissione, dell’accettazione dei suoi orientamenti politici, del programma di lavoro per i prossimi cinque anni.

Questa volta, i gruppi di maggioranza, su proposta dei liberali del gruppo Renew, hanno anche deciso di richiedere un dibattito sul supporto dell’Ue all’Ucraina, tramite una risoluzione non vincolante, ma importantissima come spartiacque tra i gruppi politici democratici e i radicali illiberali filorussi.

Inaugurazione e piccole storie
Questa prima sessione plenaria della decima legislatura del Parlamento europeo 2024-2029, è stata aperta, lunedì 15 luglio a Strasburgo, con una cerimonia dell’alzabandiera europea, in presenza dei deputati eletti e di alcuni della legislatura uscente. Un contingente di soldati dell’Eurocorp – stazionato a Strasburgo – ha reso onore alla bandiera europea e la sua banda ha suonato l’inno europeo. Molti dei 720 deputati (39% donne e 54% principianti) erano accompagnati dai propri familiari. Sen non ci fosse stata la cerimonia dell’alzabandiera, sarebbe stato come un primo giorno di scuola. Questa sessione ha visto anche una grande affluenza di giornalisti: le due sale dedicate alla stampa, con 245 posti di lavoro, erano strapieni obbligando ad aprire altre stanze per permetterli di lavorare, dimostrando l’interesse crescente per il lavoro delle istituzioni europee, interesse che era molto più scarso prima della pandemia Covid, dei fondi del PNRR, del Green Deal e della guerra in Ucraina.

Come sempre tra i principianti ci sono molti eletti con poca o nessuna esperienza della politica europea e spesso scarsa conoscenza delle istituzioni, delle competenze e del contenuto dei Trattati europei. Durante una riunione con i deputati e i giornalisti europei, il segretario generale del Parlamento, l’italiano Alessandro Chiocchetti, li ha accolti spiegando ai neodeputati che avevano cinque anni per imparare e provare di farsi rieleggere al fine di poter finalmente approfittare concretamente e utilmente della loro esperienza nella prossima legislatura…

Tra i casi più interessante figura il neo-eletto cipriota Fidias Panayiotou, 24 anni e quindi tra i più giovani. La più giovane è la verde austriaca Lena Schilling nata nel 2001, ma che dispone già di una esperienza politica notevole. Non è il caso di Fidias, Youtuber di successo, specializzato nelle sfide e sporti estremi, con centinaia di miglia di followers. Molto simpatico e franco, non nasconde che la sua candidatura era tra le sfide che li piacciono affrontare e che non sapeva assolutamente niente delle istituzioni europee, ne aveva la più minima esperienza politica. Grazie ai suoi followers ha ricevuto il numero più elevato di voti nel suo paese ed è quindi stato eletto. Tuttavia, durante un’intervista fatta dalla giornalista RAI Tiziana Di Simone, alla quale ho potuto assistere, si è dimostrato molto serio, desideroso di imparare e di contribuire dall’interno ad una onesta informazione dei cittadini. Di fatto, ha già messo in linea numerosi video… anche sui distributori di acqua fredda, frizzante e calda, nei corridori dei palazzi europei a Bruxelles. Presente a Bruxelles da più di un mese, ha dedicato tutto suo tempo ad informarsi (dice 24/7) e costituire una squadra competente. Non ha aderito a un gruppo politico e ha deciso di agire e votare secondo le reazioni dei suoi elettori, quindi figura tra i non iscritti. Coerente con la sua posizione, ha chiesto ai suoi followers se votare a favore di von der Leyen come presidente della Commissione. Secondo lui, il 75% dei 300.000 followers che hanno risposto hanno detto no. Quindi seguirà, come l’ha affermato, «la volontà del popolo».

Tale esempio di democrazia diretta tramite le rette sociali non puo’ che interrogarci sul modo di coinvolgimento dei giovani e la politica, sul ruolo dei social networks, e sul futuro delle democrazie nell’era dei social. Soprattutto davanti ai giochi politici per costruire alleanze ed ottenere posti di potere, come è stato durante questa prima sessione della legislatura e le settimane che l’hanno preceduta. Giochi considerati da molti cittadini come ben lontani dei loro problemi.

Miracoli della democrazia europea
Dopo la campagna elettorale caratterizzata, come sempre, dal predominio di temi e giochi politici nazionali, è uscito dalle urne un Parlamento rappresentativo delle tendenze politiche esistenti in quasi tutti i paesi dell’Ue: un forte aumento degli eletti di partiti di destra radicale, una leggera crescita della destra moderata, una resilienza della sinistra e in minore misura dei verdi, un indebolimento dei liberali e centristi.

L’importanza della destra radicale e il suo contenimento
I tre gruppi politici formati da partiti di estrema destra hanno ottenuto, insieme, 187 deputati (contro 127 nella precedente legislatura), solo uno in meno del gruppo della destra tradizionale che detiene la maggioranza relativa, il PPE (Partito popolare europeo di cui Forza Italia è membro) ne ha 188, cioè 12 in più che nel 2019-2024. Questi tre gruppi rappresentano il 26% dell’aula e sono lontani da un accordo tra loro, o di coordinarsi all’interno di ogni gruppo.

I Patrioti d’Europa, nuovo gruppo voluto dal primo ministro ungherese Viktor Orbán (84 deputati, terzo gruppo per numero di deputati, con i salviniani e i lepenisti) è presieduto dal lepenista Jordan Bardella, un premio di consolazione per non essere riuscito a diventare primo ministro in Francia. Questo gruppo riunisce la maggioranza dei partiti radicali che componevano l’ex gruppo Identità e Democrazia, ed è più vicino al gruppo ESN (Europa delle Nazioni Sovrane, 25 deputati tra cui 14 dell’AfD tedesca, creato ex-nihilo per questa legislatura), per loro posizione euroscettiche se non anti-europeiste e russofile, che al terzo gruppo di destra nazionalista ECR (Conservatori e Riformisti europei). L’elezione del leghista Roberto Vannacci alla vice-presidenza del gruppo dei Patrioti, con l’appoggio dei lepenisti ha fatto infuriato la Le Pen, a causa delle sue posizioni estremiste in materia di diritti civili e perché teme che possa rovinare i suoi sforzi di normalizzazione del suo partito che da anni cerca di realizzare in vista delle elezioni presidenziali francese. Benché i deputati del Front National l’avevano votato all’unanimità, il suo fedele Bardella ha quindi chiesto che questa decisione fosse annullata, domanda alla quale il generale ha risposto «j’y suis, j’y reste». Nello stesso modo i viaggi di Orbán, all’inizio della sua presidenza dell’Ue, in Ucraina, Russia, Cina e Turchia senza mandato del Consiglio hanno anche creato un profondo malessere nel gruppo, proprio quando alcuni partiti provano a darsi un’immagine atlantista. È quindi probabile che la presidenza di Bardella sarà messa a dura prova dai suoi alleati, particolarmente dagli ungheresi.

L’ECR, con 78 deputati, contro 66 nella precedente legislatura, tra cui i 24 di Fratelli d’Italia, benché eurocritica, è più vicina al PPE che ai Patrioti e all’ESN, anche sul tema del supporto all’Ucraina. Di fatto, gran parte dell’ECR ha votato con la maggioranza a favore del pieno supporto all’Ucraina con l’adozione della risoluzione presentata dai liberali di Renew (495 voti a favore contro 137) quando hanno votato contro i Patrioti, l’ESN e alcuni membri del Left/Gue e si sono astenuti alcuni membri di S&D. La votazione di questa risoluzione, aldilà dell’affermazione del supporto all’Ucraina, aveva lo scopo di mettere in luce le posizioni russofile, giustificare la loro marginalizzazione e il cordone sanitario per impedire che potessero ottenere posti di potere. In ogni modo, si puo’ anticipare che l’ECR appoggerà più spesso le posizioni del PPE che quelle dei Patrioti e sarà probabilmente il tramite tra questi due gruppi.

Di fatto, la nipote di Le Pen, Marion Maréchal-Le Pen con altri tre deputati dissidenti del partito di estrema destra francese Reconquête creato da Eric Zemmour, sono stati accolti dal gruppo ECR, e giocherà probabile il ruolo di ponte per un dialogo con i Patrioti dove i lepenisti sono maggioritari. Infine, come nelle precedenti legislature, il cordone sanitario creato per impedire a rappresentanti delle destre radicali di accedere a posti di responsabilità: vicepresidenza del PE e presidenza di Commissioni è stato riattivato con successo, ma non si applica all’ECR.

Di fatto, martedì, dopo la rielezione per due anni e mezzo di Roberta Metsola (maltese e membro del PPE) come presidente del Parlamento, con la più larga maggioranza per un presidente dopo l’allargamento, cioè 562 voti a favore su 623 espressi, è iniziata la votazione per l’elezione dei 14 vicepresidenti. Tra i 17 candidati, ECR ne ha presentato 2, come i Patrioti, e l’ESN 1. Solo l’ECR ha ottenuto 2 vicepresidenti, al secondo turno di votazione però (come il candidato di Left), quando gli altri 11 lo sono stati al primo turno. Mercoledì l’ECR ha anche ottenuto uno dei 5 posti di questore, sempre al secondo turno (2 per il PPE, 1 per S&D e 1 per Renew, eletti al primo turno), una importante incarico per il funzionamento del Parlamento.

Si può scommettere che i due partiti nazional-sovranisti-russofili non avranno neanche una presidenza delle 20 commissioni specializzate quando si voterà per eleggere i presidenti la settimana prossima a Bruxelles. Non sarà il caso dell’ECR, che da più legislature ha sempre ottenuto una vicepresidenza del Parlamento e almeno una presidenza di Commissione, ma mai con un deputato italiano. Soddisferà quindi Giorgia Meloni il fatto che, questa volta, una delle due vicepresidenze ECR del Parlamento sia stata appannaggio di Fratelli d’Italia con Antonella Sberna. Ma, come una rondine non fa primavera, una vicepresidenza non permetterà all’Italia di cambiare l’Europa come prometteva lo slogan di Fratelli d’Italia durante la campagna elettorale, soprattutto quando gli altri vicepresidenti sono: 3 PPE, 5 S&D, 2 Renew, 1 Greens e 1 di Left/GUE. Quest’ultimo è l’On Younous Omarjee, deputato rieletto dal 2012 e presidente della Commissione Regio nella precedente legislatura. In Francia, sarebbe ostracizzato perché membro del partito della France Insoumise (LFI) di Mélanchon. Questo potrebbe far riflettere il presidente Macron sul significato della democrazia, il quale mette nello stesso paniere il partito di Le Pen/Bardella, il Front National, e LFI. Ciononostante, il cordone sanitario intorno ai Patrioti e al gruppo ESN potrebbe essere considerato (come l’hanno fatto notare i salviniani) contrario ai valori della democrazia visto che tutti partiti membri di questi gruppi sono legali, anche se, illiberali, non rispettano pienamente i valori dell’Ue e lo stato di diritto quando sono al potere.

Una maggioranza moderata ed europeista
Intanto, il Parlamento rimarrà, come nelle precedenti legislature, dominato dai Popolari (PPE), dai Socialisti (S&D) e dai liberali (Renew), alleanza chiamata «maggioranza Ursula», perché una simile alleanza aveva permesso l’elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea. I tre gruppi dispongono di una larga maggioranza di 401 deputati, cioè il 55,7 % degli eletti, benché sia inferiore a quella nella precedente legislatura quando avevano, dopo l’uscita dei britannici il 31 gennaio 2020, 420 deputati su 705, cioè quasi il 60%. Tuttavia, aggiungendo i 53 deputati verdi, i partiti pro-europeisti rappresentano il 63,1 %.

Infine, il gruppo Left/GUE detto di sinistra radicale, composto tra altri di LFI, Podemos, dei 5 Stelle e del partito dei lavoratori belga, ha ottenuto 9 deputati in più (46 contro 37). Il gruppo ha presentato, senza successo, con solo 61 voti a favore, una sua candidata alla presidenza del PE, la spagnola Irene Montero di Podemos. Non si sa come voteranno i 33 deputati non iscritti, ma le forze pro-europeiste, anti-sovranisti, antinazionalisti hanno una scacchiante maggioranza del 69,4 %.

Si può notare che l’insieme delle forze di sinistra, quelle che si sono alleate in Francia per lottare contro il Front National durante le ultime elezioni legislative sotto la bandiera del Nouveau Front populaire, cioè S&D, Verdi e Left/Gue, rappresentano il 32,6% con 235 deputati contro 187 per i tre gruppi di destra radicale. Tutto ciò crea nel Parlamento europeo, una situazione in un certo modo simile a quella del Parlamento francese, con una frammentazione in tre blocchi politici più o meno di stessa importanza e peso politico. Nessuno dei tre gruppi è omogeneo, e ognuno conta molti franchi-tiratori secondo i temi trattati così come è stato dimostrato nell’elezione di von der Leyen nel 2019. La maggioranza Ursula era teoricamente ricca di 444 deputati, eppure, non solo la candidata tedesca, già ministra CDU, partito membro del PPE, ma non spinzenkandidat dello stesso PPE, aveva ottenuto solo 383 voti (la maggioranza era di 374), e sembra questo solo grazie al voto a suo favore del Movimento 5 Stelle. Lo stesso tipo di spaccatura nei vari gruppi è successo con il voto della risoluzione sull’Ucraina, citata sopra. A parte i Verdi, pochi gruppi sono in grado di assicurare la disciplina dei loro membri, particolarmente nei voti segreti, come lo è quello dell’elezione del Presidente della Commissione.

Infine, non si puo’ ignorare che un quarto dei deputati siano sovranisti, nazionalisti e antieuropeisti, soprattutto perché una parte della loro agenda anti-migrazione e antipolitiche verde, è condiviso da una parte della destra moderata. Alcuni rappresentanti di Forza Italia non esitano a parlare di dittatura verde. Si è visto l’anno scorso come la Commissione con la presidenza di von der Leyen e il Parlamento abbiamo accettato di modificare al ribasso la politica green dopo le manifestazioni degli agricoltori europei o votato il Patto per l’immigrazione, lontano dai valori dell’Unione affermati nei Trattati. È probabile che ci saranno, nonostante le promesse della von der Leyen nel suo discorso pragmatico per assicurare la sua rielezione, tanti altri passi indietro, tra cui sull’interdizione di vendere macchine con motori a combustione dopo il 2035.

La rielezione di von der Leyen alla presidenza della Commissione europea
La presidente della Commissione durante gli ultimi mesi non ha risparmiato i suoi sforzi per essere rieletta, nonostante i numerosi scheletri nel suo armadio. I più importanti sono legati alla sua gestione non trasparente dei contratti di acquisto dei vaccini anti-Covid, assenza di trasparenza denunciata proprio il giorno prima dell’elezione (mercoledì 17) dalla Corte europea di giustizia, l’affare degli SMS con Pfizer, ancora esaminata dai giudici; le sue contestate posizioni a favore di Israele; il suo modo, molto criticato, di gestione autocrate e la debole simpatia che suscita, contrariamente alla sua collega Metsola presidente del Parlamento.

La sua rielezione non era per niente sicura, anche se era questa volta la spinzenkandidat del PPE e quindi avrebbe dovuto potere contare sul voto della detta maggioranza Ursula, cioè di 401 voti. Se effettivamente ne ha ottenuto 401 voti sui 707 espressi (284 hanno votato contro e 15 si sono astenuti), non sono stati solo quelli della maggioranza. Di fatto i Verdi (53 deputati) avevano dichiarato prima del voto che avrebbero votato per lei. Quindi le sono mancati almeno 53 voti nella sua maggioranza. Il voto essendo segreto è difficile verificare chi l’ha votata o no. Intanto, dopo il voto, i deputati di Fratelli d’Italia hanno dichiarato che non l’hanno votata, nonostante non avesse mai nascosto la sua volontà di lavorare con il gruppo ECR e Fratelli d’Italia.

Eppure, nel suo discorso programmatico ha provato ad accontentare tutti, salvo i sovranisti. Un discorso, come quello della Metsola, di larga intesa, proponendo anche alcune interessanti posizioni. Prima di tutto, ha insistito sulla sua volontà di mettere in applicazione la politica verde votata dalla precedente legislatura insistendo sulla necessità per l’Ue di avere una diplomazia verde e di lottare per la decarbonizzazione delle imprese. Un obiettivo in contraddizione con la sua insistenza a favore del rilancio della crescita economica, con investimenti a favore della competitività dell’industria europea e lo sviluppo dell’IA che, si sa, sta diventando il settore che più consuma energia e materie prime altamente pericolose ed inquinanti.

Un altro elemento che può preoccupare gli europeisti è la sua affermazione che non sarà proposto un approfondimento dell’Unione. Secondo lei: «L’Unione che scegliamo non può ridursi a una questione binaria di più o meno Europa. Per questi tempi, abbiamo bisogno di un’Unione più veloce e più semplice, più mirata e più unita, più solidale con le persone e le imprese». Quindi rimette in onore il vecchio mostro di Loch Ness, quello della semplificazione amministrativa, e promette la nomina di un Commissario in carica di questa semplificazione, includendo la modifica del regolamento sulle procedure degli appalti.

Benché il suo discorso, di un’ora (più di 32 pagine), contenga numerose proposte, ne ritengo tre che costituiscono delle novità. Ha promesso, prima di tutto di nominare un Commissario alla difesa che lavorerà in coordinazione con l’Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Intende assicurare l’indipendenza dell’Ue in materia di sicurezza, la capacità di difesa comune e la creazione di uno Scudo antimissile europeo, come propone da tempo il Presidente Macron. Se Donald Trump è rieletto alla fine dell’anno, si dovrà agire molto in fretta, vista la sua volontà di non sostenere più la Nato tantomeno l’Ucraina.

La seconda novità è la creazione di un Commissario al Mediterraneo, non solo per gestire i flussi migratori ma soprattutto per gestire le crisi del Medio-Oriente e le relazioni con i paesi dell’altra sponda. Una novità molto interessante che dovrà passare la prova dei fatti e delle azioni. Ma è la prima volta che tale attenzione è data al Sud dell’Europa.

Infine, la neoeletta ha promesso di agire per la protezione dei diritti delle persone, particolarmente della comunità LGTBQ+, di lottare contro le violenze di genere e a favore dell’aborto. Questa ultima dichiarazione ha provocato forte reazioni da parte delle destre radicali e l’espulsione dell’aula di una deputata dei Patrioti per i suoi gridi incessanti. Un tema che nonostante le sue posizioni inizialmente antiaborto, la Presidente Metsola (che ha deciso l’espulsione della deputata) aveva affrontato nel suo discorso.

Cosa ci aspetta
La composizione del Parlamento, con numerosi forze reazionarie e partiti, di solito moderati, che tendono a spostarsi verso la destra, fa si che si può anticipare un Parlamento, certo europeista, ma con molte più sfumature soprattutto nel campo dell’immigrazione e delle politiche verdi. L’orientamento verso una difesa comune europea, la posizione a favore di un sostegno permanente dell’Ucraina, della sua inclusione nell’Ue e nella Nato, la nomina dell’estone Kaja Kallas come nuova Alta rappresentante dell’Unione per la politica estera e di sicurezza, conosciuta per le sue posizioni violentemente antirussi e anti-Putin, le misure economiche prese contro la Cina e il suo sostegno alla Russia, non sono riassicuranti per un futuro pacifico.

Molte sono le sfide internazionali, oltre a quelle interne, da affrontare nei prossimi mesi. Speriamo solo che le posizioni dell’Ue non contribuiscano nel prossimo futuro alla spaccatura del mondo voluto da tre quarti dell’umanità (in termini di popolazioni) sotto la leadership dei Putin, Xi Jinping, Kim Jong-un, Ali Khamenei, seguiti da numerosi altri leader nel mondo non occidentale e forse anche dal futuro presidente degli USA se Trump dovesse vincere le elezioni di novembre. Wait and see! Ma, secondo me, la nuova legislatura europea e la nuova Commissione dovranno gestire un non molto simpatico cambiamento dell’ordine mondiale creato dopo la seconda guerra mondiale. Speriamo che saranno, insieme al Consiglio europeo, all’altezza del compito di gestire questi tempi bui.


La vignetta che accompagna l’articolo è di Uber.

@ Uber (Italia). Ama definirsi vignettista di ritorno e dilettante nel senso del diletto. Dopo una vita professionale nell’ambito dell’informatica bancaria si dedica alla satira grafica, una passione coltivata sin dall’adolescenza, quando collaborava con periodici per ragazzi (Monello, Intrepido). Ha partecipato a diverse edizioni del Festival di Bordighera, con quotidiani e riviste tra cui: Il Secolo XIX, Il Lavoro, Tuttosport, saltuariamente con le riedizioni del Marc Aurelio. Pubblica quotidianamente i suoi commenti grafici ai fatti di attualità sociale e politica, domestici e internazionali, sul suo blog. Le sue vignette sono ripubblicate da molti blog e giornali on-line, tra cui Affari Internazionali dello IAI. Pluripremiato, tra cui il primo premio del concorso Una vignetta per l’Europa della Commissione europea e della rivista Internazionale. È membro di varie associazioni di vignettisti e del Comitato scientifico di Librexpression.

Leggi anche

Are you sure want to unlock this post?
Unlock left : 0
Are you sure want to cancel subscription?
-
00:00
00:00
Update Required Flash plugin
-
00:00
00:00