Se avessi aperto La settimana enigmistica e fatto il gioco del unisci i puntini non avrei avuto le stesse vibes (oggi si dice così) che ho avuto in questi giorni rimettendo insieme la lettura della biografia di Mel Brooks – Tutto su di me – la visione di 2 nuove uscite di Netflix viste separatamente senza tener conto l’una dell’altra ed infine la lettura di un articolo tratto dal NYT magazine.
Mi si è accesa una lampadina e lo spazio illuminato intorno è la storia che voglio raccontarvi.
Mel Brooks è stato un grandissimo autore di tv e cinema tra il secondo dopoguerra e gli inizi di questo secolo. Una carriera fortunata e longeva. A tal punto da avere la fortuna di poter scrivere una biografia in tarda età. Ricca e definitiva, non so come dire, una bibbia laica di come rileggere la propria vita e il suo sapore di commedia.
Non entriamo ovviamente nel merito del racconto ma ciò che colpisce durante la lettura è l’ottimismo nonostante tutto, la forza delle sue convinzioni cresciute, mano a mano, nella battaglia per diventare grandi, l’amore per la sua famiglia e la poesia degli incontri con coloro che l’hanno aiutato o che gli hanno lasciato comunque qualcosa.
È la storia di un lungo percorso fatto di gradi e pendenze, di gioie e dolori dove le origini restano salde e significative per il protagonista. Un vero e proprio inno alla vita e un lascito di puro ottimismo da un signore che ha 95 anni!!! Fino a qualche anno fa solo foto sui comodini.
Netflix pubblica nel suo catalogo un docufilm di quasi due ore dal titolo Il truffatore di Tinder. La storia è molto attuale e non a caso se digiti truffa sul motore di ricerca di Netflix appaiono molti titoli.
Solitudini umane che cercano risposte attraverso approcci digitali. Tutti cercano il diamante grezzo. È dietro l’angolo il salto di specie. È una storia vera.
Il protagonista si chiama Simon Leviev è un giovane ereditiere che viaggia continuamente con una vita scintillante e costosissima. Alberghi di lusso, aerei privati sempre in movimento da un paese ad un altro. Accanto a lui, nel docufilm, ci sono 3 donne giovani, belle, con un lavoro soddisfacente, tutte accomunate dall’idea di trovare qualcuno che le faccia svoltare la vita.
Lui è su Tinder con tutto il carillion di foto, macchine, tavole apparecchiate e piscine. Loro abboccano… comincia la giostra.
Il giovane ad un certo punto dell’approccio si scopre che ha dei nemici e non si ferma mai molto nello stesso luogo e gli incontri con le sue fidanzate sono sempre fugaci, ma glamour. A un certo punto la storia come si dice ha uno spin (una svolta). Lui chiede aiuto, chiede soldi che ovviamente promette di restituire. In men che non si dica la ricerca del principe azzurro si trasforma in un inferno finanziario per ciascuna di loro. Solo allora queste ragazze si pongono la vera domanda di chi fosse lui veramente, per mesi la sua identità autocostruita bastava perché faceva sognare.
Simon Leviev era ed è un gigantesco truffatore di origine israeliana che con uno schema sempre simile ha rubato milioni di dollari a decine di donne di tutto il mondo. È un truffatore seriale.
La cosa bella è che la rete usata per rubare è diventata anche lo strumento per smascherarlo. La cosa atroce è che la legge per come è impostata, cioè per singolo Paese sovrano, può poco contro fenomeni di truffa globale come questi. Il signore in questione dopo 15 mesi in un carcere del suo Paese è di nuovo in giro in cerca di prede mentre le ragazze necessitano di rehab.
Inventing Anna è una serie in 9 episodi sempre su Netflix la cui protagonista è Anna Delvey o Sorokin interpretata magistralmente dalla bravissima attrice Julia Garner.
Una giovane presunta ereditiera, arrestata per furto, finita in prigione nella città che non dorme mai. Una giornalista di New York disobbedisce al suo capo e comincia ad investigare per capire chi è Anna. Una storia vera finita su tutti i giornali, drammatica e distorta quanto quella di Epstein che abbiamo raccontato mesi fa prima che diventasse famosa solo perché c’era di mezzo il principe Andrea d’Inghilterra.
Anna Delvey come si fa chiamare è Anna Sorokin, ragazza di origine russa poi approdata in Germania ed infine a New York che si inserisce nell’esclusivissimo jet set newyorkese vivendo al loro livello tra alta moda cene raffinatissime e alberghi lussuosi tra Hamptons e Park Avenue perseguendo un sogno aprire una specie di residenza artistica.
La sua storia autocostruita e alimentata ad arte narra di un padre oligarca russo (incredibile di questi tempi!!!) che la tiene a stecchetto, ma multimilionario. Si scoprirà che è nulla tenente e piena di debiti. A differenza della precedente storia più individuale, dallo schema più primitivo, qui il personaggio attecchisce nel tessuto sociale di New York che notoriamente non è un kindergarten. Ottiene udienza presso veri e importanti finanzieri di Wall Street per avere finanziamenti.
La storia si sviluppa in modo affascinante nel tentativo della giornalista di capire il perché di tutto questo: perché Anna ha deciso, pur scoperta, di continuare a credere di essere un’altra.
Ovviamente come in tutte le storie che si rispettino anche le sue amiche reagiscono, chi difendendola chi voltandole le spalle chi rimanendo in mezzo. Nessuna di loro voleva essere alla fine dell’equazione.
Infine, un articolo bellissimo apparso sul NYT Magazine dal titolo The age of anti-ambition che racconta di come il Covid ha stravolto la percezione del lavoro nelle persone. Si stima che negli Stati Uniti nella sola seconda metà del 2021 abbiano abbandonato, non perso, il lavoro circa 25 milioni di persone.
È il più alto tasso di abbandono da quando esiste questa statistica cioè dal 2000. La formula «mangia, prega, ama» non funziona più.
Che sta succedendo?
Siamo infelici. Letto quest’ultimo rapporto sul lavoro, l’economista Paul Krugman ha stimato che la fiducia della gente nell’economia era di molto inferiore a quanto avrebbe dovuto essere dato che i salari sono in aumento. In Amazon pare che il tasso di turnover sia del 50% in alcuni settori (dato contestato dalla Corporate).
Insomma, la pandemia si trascina ed i numeri non sono più in grado di quantificare quanto siano diventate brutte le cose o le persone sembrano persuase che le cose siano peggio di quanto in realtà.
Il gioco del unisci i puntini ci porta a dire che viviamo tutti una monumentale crisi di senso, siamo entrati nel ventunesimo secolo e non sappiamo più, nella sua seconda decade, riconoscere i Mel Books delle nostre origini, abbiamo dimenticato le nostre origini.
Il ’900 che pure è stato un secolo breve e sanguinoso ma di grandi trasformazioni ci ha lasciato per sempre e il nuovo sembra essere la fine della Storia.
Il Capitalismo occidentale è diventato solo una forma di consumo e non più uno strumento di trasformazione del mondo e di arricchimento delle comunità. Anna e Simon non sono solo degli spostati, sono delle tendenze. L’analisi delle loro vite e di coloro che sono stati truffati è sovrapponibile purtroppo. Si rincorrono i sogni senza morirci sopra. Sono veri frammenti di vita.
Le testimonianze delle vittime soprattutto nel docufilm Il truffatore di Tinder aprono uno squarcio tossico anche su di loro. Viviamo ormai solo l’oggi e quindi non ci sono più i valori del percorso, del sacrificio del risparmio per un obiettivo. Spendere autorizza a chiedere e a far accettare qualsiasi follia e non c’è più censura sociale. L’understatement è morto con i social.
Il capitalismo diventa un gambling, un gioco al tavolo verde del tipo tutto e subito ed i grandi oscillografi del mondo come Netflix o Amazon ce lo raccontano.
Diventa sempre più labile il confine tra truffa e aspirazione e dove non c’è la truffa resta questo sapore di infelicità per mancanza di prospettiva collettiva.
La fine del legame tra origini e percorso porta alla ricerca spasmodica del diamante grezzo, del principe o principessa e si sancisce il rifiuto della normalità. Conta solo il vivere iconico socializzabile.
Giorgio Manganelli scriveva, «Chi dice la verità ha una sola vita chi mente ha tutte le vite che vuole». Tutto quello che vi ho raccontato è un viaggio tra il letto e il visto come un tempo bruciato, un tempo vissuto.