Yannik Sinner, bene di tutti

Yannik Sinner a 23 anni non è solo un campione affermato, un fuoriclasse in campo, ma soprattutto un fuoriclasse fuori dal campo. La compostezza con la quale ha festeggiato la seconda vittoria consecutiva all’Australian Open per rispetto nei confronti del suo avversario che stava soffrendo oltremodo la sconfitta, fa di lui un campione irraggiungibile, un campione amato dai tifosi di ogni nazionalità.

«Per noi giocatori il dolore per una sconfitta è più forte della gioia per una vittoria, siamo sempre più attaccati alle cose che non riusciamo a fare. Per Sascha era un momento difficile, ho cercato di incoraggiarlo. Merita più di tutti di vincere uno Slam».

Da un punto di vista sportivo la vittoria nella finale dell’Australian Open contro Alexander Zverev, numero due del mondo, stabilisce una distanza tra l’italiano e il resto dei tennisti ad oggi incolmabile. Tre a zero senza concedere una palla break all’avversario, prima di lui ci erano riusciti solo Roger Federer e Rafael Nadal, due monumenti del tennis mondiale.

Continua a migliorare il suo tennis e ad essere sempre più pensante durante le partite. Nei momenti topici della partita riesce ad esprimersi al meglio delle sue possibilità, quando è sotto pressione sciorina il suo miglior gioco.

Ma seppur incredibilmente bravo in campo il suo comportamento fuori dal campo continua ad essere ancor più sorprendente.

Dopo l’abbraccio e le parole di elogio riservate al suo avversario, è stato ancor più generoso nei confronti della squadra e in particolare nei confronti dei due allenatori, Simone Vagnozzi e Darren Cahill. E si capisce che sono complimenti autentici e veri. Bucano lo schermo e arrivano dritti al cuore.

Una persona d’altri tempi, si potrebbe dire, che si trova a proprio agio nel tempo che stiamo vivendo. Educato, misurato con le parole, sobrio nel vestire. In questo ultimo torneo d’Australia abbiamo visto tennisti giocare in canottiera, vestiti con colori sgargianti, gesticolare oltre modo per un punto sbagliato, esultare in modo esuberante anche solo per un game.

Lui, invece, è impassibile, sia quando segna un punto sia quando lo subisce. Il suo outfit è minimalista. Scarpe, calzini, pantaloncini e polsiera bianchi, maglietta e cappellino giallo canarino.

Le sue gesta sportive sono cantate da molti e molti, soprattutto giovani, si stanno avvicinando al tennis grazie alle sue imprese sportive. Mi auguro che anche il suo modo di essere un giovane uomo per bene diventi un modello da imitare per le giovani generazioni. Sarebbe la vittoria più bella e duratura.

In una giornata sportiva che resterà nella storia per Yannik Sinner e per l’Italia non sono mancate le critiche. Anche se sarebbe più giusto definire queste critiche in altro modo, forse più appropriato: invidia.

La vicenda è nota a tutti, l’attesa per il verdetto del tribunale arbitrale dello sport (Tas) fissata per il 16 e 17 aprile per il caso Clostebol. Appurato che non si tratta di doping si continua a discutere del nulla, un nulla nel quale qualcuno ci sguazza.

È il caso del quotidiano tedesco Bild che proprio questa mattina è in edicola con articolo pesantissimo contro Jannik Sinner. Oppure di un quasi ex tennista che da un po’ di mesi continua ad infangare il nome e l’onore del campione italiano.

Sia nel primo caso, ma soprattutto nel secondo, i giudizi del quasi ex tennista e anche di qualche altro tennista in attività, altro non è che invidia.

Giova ricordare, a loro memoria, che l’invidia è alla radice di tutti i vizi, la superbia. E forse ancor di più tenere a mente ciò che dice, sempre a proposito dell’invidia, Tommaso d’Aquino, «la tristezza per il bene altrui, concepito come impedimento della propria eccellenza».

Non si può piacere a tutti. A me Yannik Sinner piace come tennista, ma ancor di più come giovane uomo e perciò oggi brindo a lui, alla sua vittoria, al suo essere un meraviglioso, giovane, uomo.

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